by Sergio Segio | 19 Dicembre 2013 23:00
ROMA — Ieri Susanna Camusso e Matteo Renzi (forse per la prima volta) hanno detto la stessa cosa: «Togliamo l’articolo 18 dal tavolo della riforma del lavoro». Il segretario del Pd ha fiutato subito il pericolo che il suo «Job act» s’impantanasse in un dibattito ideologico ancor prima di prendere forma e non ha esitato a richiamare i suoi a non cadere nel tranello.
Per il leader della Cgil è stato facile a quel punto, dopo aver subito per giorni quasi senza reagire gli attacchi dei renziani, che una volta volevano cancellare i permessi sindacali, un’altra proponevano le primarie anche nel sindacato, è stato agevole, finalmente, trovare un modo per esprimersi senza entrare in contraddizione con Renzi. Perché una cosa è certa: Camusso non ci sta a avallare la tesi che la Cgil sia rimasto l’unico baluardo di opposizione al sindaco di Firenze. Non in questa fase almeno, in cui Renzi è sugli scudi come «rottamatore» e a vestire i panni di chi gli è contro si rischia l’effetto-D’Alema, cioè si finisce per essere additati, a torto o a ragione, come la fonte di tutti i mali, il simbolo di ciò è vecchio.
Perciò, fa capire qualcuno della segreteria della Cgil in corso d’Italia, di Renzi al momento ad alta voce non si discute: «Certo, lo abbiamo fatto il giorno dopo la sua vittoria: era inevitabile. Ma non è che ci riuniamo a parlare di lui o di quello che farà». Anche perché, è il ragionamento, nessuno sa cosa farà veramente Renzi in materia di lavoro. «Alle scorse primarie del Pd — si fa notare — il sindaco di Firenze aveva adottato Pietro Ichino e la sua riforma, e a noi non andava affatto bene. Ora però che Ichino sta in un altro partito, Renzi sta ancora scegliendo quale modello gli piace. Allora lasciamolo lavorare».
Lo schema è dunque quello del «wait and see». Anche se qualche brivido è corso nella segreteria quando prima delle primarie del Pd Carla Cantone, leader dei pensionati Cgil, ha inviato agli iscritti una lettera di sostegno alla candidatura dell’oppositore di Renzi: Gianni Cuperlo. La mossa è stata subito bollata come improvvida e non rappresentativa delle posizioni del maggior sindacato. Che al momento appare blindato: al prossimo congresso, che si svolgerà a Rimini dal 6 all’8 maggio, la rielezione di Susanna Camusso è scontata perché alla sua mozione non se ne opporrà un’altra, almeno non quella del leader della Fiom, Maurizio Landini, che ha appoggiato il documento di maggioranza e si limiterà a proporre emendamenti. L’opposizione perciò sarà rappresentata dall’area di estrema sinistra «Rete 28 aprile», guidata da Giorgio Cremaschi, ex Fiom ora tra i pensionati Spi. Insomma, non facciamoci del male.
I fedelissimi di Camusso pensano che Renzi andrà a sbattere da solo: è soltanto questione di tempo. Il segretario, dopo la consueta «luna di miele» con tutto l’establishment e con l’opinione pubblica, dovrà svelare i suoi piani scendendo nel dettaglio. E allora, dicono quelli che non lo approvano, si vedrà che è solo un «bluff», che le sue idee rivoluzionarie si trasformeranno nelle solite comode mediazioni. Allora le critiche pioveranno da tutte le parti.
Retropensieri che non traspaiono al momento, anche perché Camusso non vuole dare nessun vantaggio a Landini, che con Renzi sta già flirtando, pur sapendo di dovercisi scontrare su alcuni temi. Come quell’articolo 18 che Renzi ora toglie dal tavolo anche per poter giocare di sponda con Landini, spaccando l’apparente unità della Cgil.
Ma se il sindacato per ora sembra marciare compatto sotto la guida di Camusso, se nessun cigiellino è salito ufficialmente sul carro del vincitore delle primarie, non vuol dire che all’interno delle segrete stanze non vi sia chi speri in Renzi, o meglio in un effetto-Renzi. Spiega la fonte della segreteria: «Il sindacato così com’è, è destinato a essere marginalizzato ma invece di tentare di rinnovarsi, come ha fatto il Pd, si è arroccato e ha serrato i ranghi. L’unica possibilità che abbiamo — aggiunge — è che Renzi venga a scrollare anche il nostro albero, creando le condizioni per il nostro rinnovamento».
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