Negoziato sul rientro di capitali La Svizzera vuole più garanzie

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ROMA — La trattativa tra Italia e Svizzera sul rientro dei capitali sta entrando nel vivo proprio a cavallo di Natale e Capodanno e viene seguita ai massimi livelli istituzionali. Un negoziato reso difficile nelle ultime ore per un irrigidimento della Svizzera che avrebbe chiesto al governo italiano di prevedere una sorta di canale privilegiato per le banche elvetiche perché possano godere della stessa libertà di azione e di insediamento in Italia rispetto all’Europa, uscendo dal controllo stretto e vincolante degli «sceriffi» di Bankitalia. La partita si dovrebbe concludere entro la metà di gennaio (il premier Enrico Letta l’altro giorno ha annunciato una sua prossima trasferta in Svizzera) per consentire di annunciare l’intesa storica, dopo anni di contrasti, al Forum del dialogo Italia-Svizzera, in programma per il 29-30 di gennaio. Contestualmente Palazzo Chigi sta mettendo a fuoco un apposito decreto legge fatto di due anime. Una sul rientro dei capitali che, in sintesi, prevede per l’evasore l’esclusione del penale se accetta di pagare tutto il dovuto al fisco e spiegare bene da dove arrivano quei soldi. L’altra sull’introduzione anche in Italia (l’unico Paese Ue ancora a non averlo) del reato di autoriciclaggio. In pratica verrà modificata la norma del codice penale per fare in modo che risponda di riciclaggio anche chi è autore del reato (oggi chi commette un falso in bilancio e poi ricicla, risponde solo del falso perché il riciclaggio è considerato post factum e quindi non punibile). Il provvedimento, spiegano a Palazzo Chigi, non è entrato nella legge di Stabilità proprio perché l’autoriciclaggio è norma di ordinamento penale e quindi occorre un decreto ad hoc. Ma c’è anche un altro motivo meno giuridico e più pragmatico che, probabilmente, allungherà e di non poco i tempi di attuazione. Poiché sta funzionando molto bene la norma di voluntary disclosure (la collaborazione volontaria introdotta il 25 luglio con una circolare dall’Agenzia delle Entrate) come dimostra anche la vicenda del rientro in Italia delle attività di Prada, l’intenzione del legislatore è di dare maggior tempo possibile a chi sceglie la strada più sicura e più rapida dell’autodenuncia prima che scatti l’insidioso meccanismo dell’autoriciclaggio. Che, in ogni caso, i tecnici dell’Economia e del ministero della Giustizia, stanno cercando di depotenziare con sanzioni leggere nel caso l’evasore abbia usato il denaro per migliorare la sua condizione di vita (acquistare case, auto etc.) mentre scatterebbero quelle più pesanti in «assenza di godimento» ma per la sola speculazione. In ballo, come ormai è noto, c’è un «tesoro» di almeno 200 miliardi di euro, tra i denari depositati in Svizzera (circa 140-160) e quelli nel resto dei «paradisi fiscali» sparpagliati nel mondo. Quanto rischia di pagare oggi l’evasore pentito che decide di regolarizzare la sua posizione? Le risibili aliquote degli scudi dell’era Tremonti-Berlusconi oggi non hanno più senso. La Svizzera si sta mettendo in regola. Da alcuni mesi è scattata da parte delle banche l’operazione battezzata «strategia del denaro pulito». A tutti i clienti sono state inviate lettere con l’invito a chiudere il conto o a rinunciare all’anonimato. Le banche elvetiche, da tempo sotto pressione, hanno deciso di anticipare i tempi della legge sulla fine dell’anonimato, non accettando più i depositi se non sono denunciati nel proprio Paese d’origine. In pratica il cerchio si sta chiudendo e per chi ha portato all’estero i capitali senza dichiararli i margini di manovra si sono ridotti al minimo. Gli esperti fiscalisti che stanno lavorando al dossier prevedono che all’evasore pentito verrà abbonato il penale ma la tassazione sarà ordinaria. Del 50% (sanzioni comprese) per i capitali esportati dal 2005 in poi (cioè negli ultimi dieci anni) del 10-15% per quelli antecedenti perché godono della prescrizione (oltre dieci anni). L’aliquota inferiore si spiega con il fatto che, nel secondo caso, si tassa solo un capital gain presunto del 3% annuo che poi va compensato con le minusvalenze. Le previsioni sono buone ma forse molto inferiori a quello che ci si potrebbe aspettare. Sullo stock di 200 miliardi solo 50 verrebbero regolarizzati con una aliquota media del 10-15%, quindi si parla di 5-7 miliardi di euro. Gli altri, soprattutto quelli «recenti» sui quali si abbatterebbe una tagliola del 50%, stanno prendendo il volo verso altri e più sicuri paradisi. Per ora la parte penale prevede il seguente schema. Nessuna punibilità da uno a 3 anni di reclusione per i reati di infedele e omessa dichiarazione, nel caso di dichiarazione fraudolenta con false fatturazioni o artifici contabili, la sanzione viene ridotta della metà, passando da un minimo di 18 mesi a 9 mesi e da 6 anni a 3 anni di reclusione. Dovrebbero essere ridotte della metà anche le sanzioni se l’evasione si è svolta in Paesi della «White list» e solo di un quarto se in «Black list».
Roberto Bagnoli


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