“Con il sindaco si può voltare pagina su lavoro e diritti battaglia comune”
ROMA — «Renzi ha un atteggiamento molto più libero sui temi della democrazia, del lavoro, della lotta alla precarietà rispetto a chi lo ha preceduto alla guida del Partito democratico». Chi parla è Maurizio Landini, leader della Fiom, sindacato politico per eccellenza, radicale di sinistra-sinistra, conflittuale, movimentista. Fino al punto da teorizzare e praticare l’“indipendenza” nei confronti della Cgil. Ma la frase di Landini, che non appartiene nemmeno alla stessa generazione di Renzi avendo compiuto 52 anni, dimostra che c’è davvero un’inedita sintonia tra il nuovo segretario del Pd e il capo della Fiom, nel passato più vicino alle posizioni di Sel e di Rivoluzione civile.
Landini, lei e Renzi vi incontrate, discutete, vi lanciate messaggi di reciproco interesse. Sta nascendo un nuovo asse a sinistra del tutto imprevisto: una strana coppia. Qual è il vostro obiettivo?
«Renzi è stato eletto — e non va sottovalutata la maggioranza che lo ha scelto — sulla base di un richiamo alla necessità di un cambiamento. Bene, è un bel po’ che noi della Fiom diciamo che si deve cambiare perché non c’è mai stata una fase con questi livelli di ingiustizia sociale, così come non è mai stata così grande la svalorizzazione del lavoro. Renzi vuole voltare pagina, ambisce a diventare premier, mi pare naturale che la Fiom cerchi un confronto con lui nel reciproco rispetto dei ruoli ».
Quali sono i punti di incontro?
«Innanzitutto quello sulla democrazia. Renzi ha usato un processo ampiamente democratico per conquistare la segreteria del Pd. Al contrario — e Renzi lo ha capito — non ci sono più regole democratiche nei luoghi di lavoro. In questi anni si sono approvate leggi contro il lavoro, si sono cancellate le pensioni, e i lavoratori hanno perso il diritto di votare sui contratti e sugli accordi».
E lei — sempre che il suo ragionamento sia corretto — pensa che Renzi possa riportare nel mondo del lavoro le regole della democrazia?
«Sì. Come segretario del Pd può decidere che è fondamentale approvare una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacali».
Ma Cgil, Cisl e Uil non hanno fatto a maggio un accordo con la Confindustria su questo? Addirittura venne definito un “accordo storico”.
«È gravissimo che non sia stato ancora applicato. Ma è la Confindustria che non lo vuole e punta a inserire un meccanismo di sanzioni per impedire l’esercizio del diritto di sciopero».
Un po’ il modello Marchionne. Quello che piace a Renzi. Come la mette?
«Intanto dico che quel modello piace meno alla Corte costituzionale e poi suggerirei a Renzi, se proprio cerca un modello, di mettersi a studiare quello della Volkswagen».
L’economista più ascoltato da Renzi, Yoram Gutgeld, propone per i giovani un contratto unico a tempo indeterminato senza però l’articolo 18. Lei cosa ne pensa?
«Non sono d’accordo. L’articolo 18 è già stato manomesso.
Quanti nuovi posti ha creato? Quante multinazionali sono venute in Italia? La verità è che il nuovo articolo 18 ha prodotto più licenziamenti per ragioni economiche. Serve altro: azzeramento delle forme di precarietà, inserimento del reddito minimo, riduzione degli orari, nuovi investimenti pubblici e privati, salvaguardando l’industria pubblica anziché svenderla con le privatizzazioni. Ma questo governo e questo Parlamento sono in grado di realizzare il cambiamento?».
Sulle privatizzazioni anche Renzi è contro.
«Mi pare una posizione di saggezza ».
Renzi ha apprezzato le sue posizioni critiche nei confronti del sindacato, lei ricambia sulla politica? Serve la rottamazione?
«Non condivido la parola rottamazione, ma un cambiamento profondo comporta assolutamente anche un cambiamento delle persone».
Sembra pronto per iscriversi al nuovo Pd. Lo farà?
«Finché sarò il segretario della Fiom avrò solo due tessere in tasca: quella della Cgil e quella dell’Anpi».
Ma voterà Renzi quando si presenterà come candidato a Palazzo Chigi?
«Valgono i contenuti. La personalizzazione della politica ha già fatto troppi danni con Berlusconi ».
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