Blitz di Letta: via i soldi ai partiti Ma c’è la scelta del 2 per mille

by Sergio Segio | 14 Dicembre 2013 7:52

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ROMA — A Palazzo Chigi parlano di «competizione virtuosa» e smentiscono che Enrico Letta abbia voluto superare in corsa Matteo Renzi: «Sciocchezze!». Ma di fatto il blitz con cui il premier allontana i forconi dal Parlamento — licenziando il decreto, che recepisce il testo della Camera e azzera i finanziamenti ai partiti — ha sorpreso anche il nuovo segretario del Pd, il quale aveva annunciato per domani una «sorpresina» a Grillo sul tema dei soldi ai partiti.
I fedelissimi del nuovo segretario del Pd festeggiano e parlano di «positivo effetto Renzi sull’esecutivo». Letta, a sua volta, calca gli accenti sul «nuovo inizio». A chiunque vada il merito la cosa importante è che d’ora in avanti, seppure con gradualità, i costi della politica non saranno a carico di tutti gli italiani, ma solo di coloro che vorranno sostenerla. Il capo del governo lo annuncia con un tweet, prima ancora di informare i suoi più stretti collaboratori: «Avevo promesso ad aprile abolizione entro l’anno. L’ho confermato mercoledì. Ora in Consiglio dei ministri manteniamo la promessa». La notizia spiazza anche i ministri, visto che il provvedimento non era all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Pochi minuti e il dibattito esplode, su Twitter.
Esulta Gaetano Quagliariello, che ha lavorato al testo per superare quei dubbi di fattibilità che sembravano destinati a impedire il decreto. Poi anche Angelino Alfano rivendica gli «impegni mantenuti» dall’esecutivo. Ma la reazione dei Cinquestelle, che si vedono strappare di mano un vessillo e un’arma, accende le polveri. Sempre su Twitter Beppe Grillo sfida il premier a rilanciare: «Basta con le chiacchiere @enricoletta. Restituisci ORA 45 mln di rimborsi elettorali del Pd a iniziare da quelli di luglio». Una provocazione che il comico aveva già rivolto a Renzi, in fotocopia. Per Grillo le nuove norme sono «chiacchiere, l’ennesima presa per il culo». Per rinunciare ai soldi pubblici basterebbe «non prenderli, come ha fatto il M5S».
E mentre il sito di Grillo si riempie di critiche e offese al premier, lui rivendica la bontà della scelta e si compiace di aver tolto un po’ d’acqua al mare del populismo: «Adesso siamo più forti, mettiamo da parte le polemiche e acceleriamo, perché l’anno sta finendo», sprona i ministri. E a sera, al Tg2: «Ora sono i cittadini che scelgono, con il meccanismo del 2 per mille, se vogliono dare il contributo ai partiti oppure no. L’inoptato resterà allo Stato… Da oggi è così, è il segno che stiamo facendo sul serio. Il tempo degli aut aut e delle minacce è finito». Mercoledì il provvedimento sbarca in commissione al Senato. Nel testo è scritto che il finanziamento pubblico diretto verrà soppresso progressivamente attraverso un regime transitorio, che prevede un taglio del 25% nel 2014, del 50 nel 2015 e del 75 nel 2016. Dal 2017 i rubinetti dello Stato saranno definitivamente chiusi. I cittadini potranno sostenere il loro partito donando il 2 per mille dell’irpef, oppure con la contribuzione diretta: 300 mila euro l’anno la soglia per le persone fisiche e 200 mila per le società.
«Una vera rivoluzione, non un escamotage» assicura il sottosegretario Giovanni Legnini. Ma Forza Italia si metterà di traverso. Sandro Bondi parla di decreto «contra personam» (Berlusconi, ndr ) e accusa Alfano e compagni di «tradimento», per aver indossato i panni dei «moralizzatori» dopo aver fatto politica, per vent’anni, con i soldi del Cavaliere. Per Altero Matteoli è un «errore drammatico, che inciderà sulla qualità della nostra democrazia». E Renato Brunetta accusa Letta di aver «scippato la legge al Parlamento».

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