Kim e il regno del terrore: così ha fatto giustiziare lo zio

by Sergio Segio | 13 Dicembre 2013 7:47

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WASHINGTON — Kim Jong-un non ha mostrato alcuna clemenza verso suo zio Jang Song-thaek, per molto tempo numero due in Corea del Nord. Dopo averlo rimosso in una drammatica seduta del Politburo, lo scorso 9 dicembre, lo ha fatto giustiziare. Segno inequivocabile della volontà di essere il vero leader. Anzi il «caro leader», come da alcuni giorni hanno iniziato a definirlo i media ufficiali. Titolo con cui finora era stato chiamato solo il padre.
Con un comunicato dell’agenzia ufficiale Kcna , il regime ha annunciato l’esecuzione di Jang, processato per tradimento: «Si è macchiato di un crimine così orrendo come quello di aver tentato di rovesciare lo Stato con ogni sorta di intrighi e di metodi spregevoli, con l’ambizione frenetica di impadronirsi del potere supremo… È stato peggio di un cane».
Un finale drammatico anticipato da una voce che aveva già dato per «morto» l’influente gerarca. Alcuni osservatori avevano ipotizzato per lui una detenzione ai domiciliari, ma è evidente che il dittatore aveva già deciso di eliminarlo politicamente e fisicamente. Possibile anche che Kim lo abbia fatto con l’appoggio della potente zia Kim Kyong-hui, sorella di suo padre e moglie di Jang. Del resto tra i capi d’accusa verso il dirigente c’era quella di comportamento immorale, «per l’uso di droghe» e relazioni con altre donne. Insomma, un doppio tradimento seguito — avvertono fonti diplomatiche — da un’epurazione spietata, con fucilazioni in serie, funzionari mandati nei lager e un paio di ambasciatori richiamati in patria perché considerati membri dell’ala perdente.
In questi giorni sono state avanzate molte ipotesi sui motivi della «purga». Kim, probabilmente, si è voluto sbarazzare di un personaggio che dal ruolo di tutore poteva trasformarsi in una minaccia. Pragmatico, fautore di riforme economiche (più per interesse che per convinzione), forse deciso a frenare sul programma nucleare, lo zio aveva costruito nell’arco di decenni la sua base di potere. Inoltre aveva stabilito solidi rapporti con la Cina e gli osservatori lo consideravano l’uomo di Pechino. Un legame visto con sospetto dal dittatore.
Cosa accadrà nelle prossime settimane? Gli osservatori sono cauti. È possibile che il leader riesca a imporre il suo regno del terrore eliminando progressivamente tutti i personaggi lasciatigli in eredità dal padre. Al tempo stesso c’è chi prevede una fase di instabilità visto che Jang non era un semplice gerarca ma il capofila di una corrente estesa e ramificata nel Paese. Eventi seguiti con attenzione anche a Washington. La Casa Bianca ha annunciato consultazioni con gli alleati: «Se la notizia dell’esecuzione sarà confermata rappresenterà un altro esempio della brutalità del regime».
Guido Olimpio

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