Quella stretta di mano tra «nemici» l’ultimo miracolo per la pace

by Sergio Segio | 11 Dicembre 2013 10:04

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Nessuno dei due, per il momento, ha interesse a dire una verità che potrebbe imbarazzarlo in patria. Se questo è l’inizio di un negoziato lo sapremo soltanto quando le parti avranno deciso di sedersi pubblicamente intorno allo stesso tavolo. Ma è difficile immaginare che vi sarebbe stato un faccia a faccia se Washington avesse fatto sapere ai sudafricani che certi incontri andavano evitati. Le sequenze televisive che circolano sulla Rete trasmettono l’immagine di un presidente americano che sale rapidamente le scale per raggiungere un piccolo gruppo di persone fra cui spicca Dilma Roussef, presidente del Brasile. Non credo che la presenza di Castro lo abbia sorpreso o imbarazzato. La stretta di mano con il leader cubano potrebbe avere quindi il senso e l’importanza della conversazione telefonica che Obama ha avuto nello scorso settembre con Hassan Rouhani, da poco eletto alla presidenza dell’Iran.
I negoziati tra gli Stati Uniti e Cuba sarebbero molto meno complicati di quelli iniziati a Ginevra sul programma nucleare iraniano. Raul ha lanciato segnali di apertura non appena ha sostituito Fidel al vertice dello Stato cubano. Gli Stati Uniti non li hanno raccolti, ma alcune delle sanzioni applicate al regime castrista sono state attenuate e i grandi proprietari agricoli del Kansas non hanno mai smesso di vendere grano al governo dell’Avana. La lobby cubana della Florida sembra essere meno contraria a una progressiva liberalizzazione dei rapporti con il regime castrista e Obama, al suo secondo mandato, è molto più libero di quanto fosse in passato.
Se vi sarà un negoziato, questa vicenda dimostrerà che nulla giova alle rimozione di un ostacolo e alla ripresa di un dialogo interrotto quanto un funerale. La cerimonia impone equilibrio, cortesia, una educata mestizia, e offre un perfetto alibi a chi è stanco di litigare. Durante i funerali del generale De Gaulle a Parigi, nel 1969, i leader mondiali passarono buona parte del loro tempo a incontrarsi segretamente per affrontare questioni che non si potevano trattare alla luce del sole. Più recentemente, ai funerali di Giovanni Paolo II, il presidente israeliano Moshe Katsav, ebreo di origine iraniana, ha scambiato qualche cordiale parola in farsi con il presidente dell’Iran, l’Ayatollah Seyyed Mohammad Khatami. Un accordo fra gli Stati Uniti e Cuba passerà alla storia, se verrà concluso, come l’ultimo miracolo di Nelson Mandela.
Sergio Romano

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