“Spionaggio, vogliamo la verità dagli Usa”
ROMA — I documenti pubblicati dall’Espresso in collaborazione con Repubblica sulle attività di spionaggio della Nsa ai danni del nostro Paese non modificano a quanto pare né il giudizio politico, né il percorso diplomatico e di intelligence che Palazzo Chigi ha scelto sin qui di percorrere con la Casa Bianca. Dice una qualificata fonte di governo: «Le immagini di un manufatto avvolto da un tendone sul tetto dell’ambasciata americana in via Veneto, così come la presenza di unità clandestine per lo spionaggio elettronico nel nostro Paese, nonché le informazioni relative ai metadati raccolti dalla Nsa e quelle sulle due operazioni ai danni della nostra ambasciata negli Stati Uniti non dimostrano nulla di più di quanto non ci fosse già noto quando abbiamo deciso di porre formalmente a Washington una questione politica e tecnica sulle attività della Nsa nel nostro Paese. Non sono insomma la pistola fumante in grado di dimostrare che l’Amministrazione americana ci ha mentito negando di aver spiato sistematicamente le nostre comunicazioni, istituzionali o meno. Dunque, non c’è ragione per un cambio di passo politico o diplomatico. Detto questo, quelle informazioni sono certamente sufficienti a confermare che la questione non è affatto chiusa e che quanto il Governo ha fatto sin qui e continua a fare va nella giusta direzione. Sul datagate, in Europa, siamo stati i primi a muoverci con Washington e continuiamo a farlo. Senza mettere per questo i manifesti».
Il riferimento di Palazzo Chigi è alla missione (la terza dal luglio scorso) rientrata qualche giorno fa proprio da Washington, dove una delegazione guidata dal direttore del Dis Giampiero Massolo e composta dai vertici operativi delle direzioni della nostra intelligence è tornata ad incontrare i suoi corrispettivi di Dni, Nsa e Cia. In quei colloqui per quanto ne riferiscono ancora fonti di Palazzo Chigi – «si è tornato ad esaminare quanto accaduto in passato e come ci si dovrà comportare in futuro ». «Anche perché – aggiungono le stesse fonti – l’Italia ha deciso di seguire da vicino quel processo di “revisione” delle procedure di spionaggio della Nsa annunciato dalla Casa Bianca». Il Governo, insomma, rivendica di «non aver taciuto nulla» al Paese, di «non essersi sottratto alle domande del Parlamento» con 10 audizioni in 4 mesi al Copasir, di aver continuato ad esercitare una qualche pressione sui Governi e i Servizi alleati. Quelli americani, ma anche francesi, tedeschi e inglesi (in Ottobre, “delegazioni tecniche” della nostra intelligence sono volate a Berlino, Londra e Parigi). E ancora: di «aver autonomamente compiuto già in luglio verifiche sia sulla sicurezza delle comunicazioni
della nostra ambasciata a Washington che su quelle del Presidente del Consiglio e delle massime istituzioni del Paese». Tutte con esito negativo. Almeno per quanto ne ha riferito lo stesso Enrico Letta nelle scorse settimane durante la sua audizione al Copasir («Abbiamo la certezza che le conversazioni tra ministri e membri del Governo non siano state bucate »).
“Preoccupato” ma prudente, il presidente del Copasir Giacomo Stucchi. «Quando si parla di intercettazioni della Nsa su 45 milioni di trasmissioni di metadati – dice a Radio24 – non parliamo di contenuti. Abbiamo domandato cosa effettivamente è accaduto alla Nsa quando siamo stati a Washington in settembre e lo faremo la settimana prossima, nella missione che svolgeremo a Londra, ai servizi competenti e all’alleanza tra i paesi anglosassoni in materia di intelligence. Non prendiamo per oro colato quello che non è ancora accertato, ma la preoccupazione esiste. Anche perché nessuno, e non per negligenza, sa fino in fondo che cosa davvero è accaduto».
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