«Ho convinto Coca-Cola a non sfruttare i contadini»

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Fino a due giorni fa era a Mombasa in un workshop con 40 donne leader dell’ultimo Stato nato in Africa, il Sud Sudan. Tra loro una ministra con un passato di sposa bambina strappata ai banchi di scuola a 12 anni e ora alla ricerca, come le altre partecipanti, di indicazioni per affrontare le grandi sfide di un Paese tutto da costruire ma con pregiudizi ben sedimentati. Ieri da Mombasa è arrivata a Milano, davanti a una platea di vip, in lungo verde smeraldo come i colori di Oxfam, l’Ong con sede a Oxford che dal 1995 lotta contro la povertà e la fame nel mondo. Una serata di raccolta fondi con Patti Smith e le 150 donne italiane di The Circle, il «Circolo» creato da Annie Lennox per sostenere le donne che vivono ancora escluse dalla vita economica, sociale e politica del proprio Paese. «Ovunque le donne non hanno raggiunto la parità con gli uomini, ma nei Paesi in via di sviluppo oltre alle discriminazioni devono affrontare anche la povertà. La combinazione dei due fattori è micidiale» scandisce Winifred Byanyima. Nata in Uganda 54 anni fa, dove è stata in Parlamento per tre mandati, voleva volare alto già quando da studentessa si era rifugiata a Londra a studiare ingegneria aeronautica lontano dal regime di Idi Amin Dada. Una laurea rimasta nel cassetto, e una vita dedicata alla difesa dei diritti delle donne e alla politica. «È incoraggiante constatare — prosegue — come i cambiamenti portati dai movimenti globali delle donne nel mondo arrivino anche qui: per esempio l’Uganda post coloniale (e post suffragette) come molti altri Stati africani è nata concedendo subito alle donne il diritto di voto».
Lei ha avuto ruoli importanti all’Onu e nell’Unione Africana prima di passare alla guida di Oxfam. Dove si lavora meglio?
«Negli organismi intergovernativi hai l’opportunità di influenzare le istituzioni sulle politiche che ti stanno a cuore ma nella società civile puoi essere più radicale, hai più libertà, puoi osare di più, liberare le tue passioni, arrabbiarti per le ingiustizie che mantengono le persone sotto il livello della dignità, soprattutto le donne, e in particolar modo nelle aree rurali. C’è più spazio per il sogno».
Come quello di porre fine alla povertà estrema nel giro di una generazione
«Nel giro di vent’anni da adesso. Oggi sono ancora 900 milioni le persone nel mondo che ogni sera vanno a letto in preda ai morsi della fame. Uno scandalo».
Ma da che posizione si ottengono maggiori risultati a suo modo di vedere?
«È importante far parte di organismi intergovernativi per usare in modo intelligente l’arte del negoziato, della diplomazia. Qui si procede per piccoli passi. Nella società civile si può essere più ambiziosi, si hanno meno risorse e si dipende da donazioni e contributi volontari, ma si ha lo spazio politico in senso lato di costruire alleanze guidate dalla passione. Con grandi risultati».
Per esempio?
«Abbiamo chiesto a tre multinazionali grandi consumatrici di zucchero — Coca Cola, Pepsi Cola e Associated British Food — di dichiarare “tolleranza zero verso gli accaparramenti delle terre”, quindi di discriminare i fornitori che ricorrono all’acquisizione su larga scala di terreni in paesi in via di sviluppo, pratiche che riducono i contadini alla fame, lasciandoli senza lavoro né futuro. In due settimane abbiamo ottenuto quello che un’organizzazione intergovernativa avrebbe impiegato forse due anni a raggiungere. Ma c’è ancora molto da fare».
Le terre in Africa sono lavorate dalle donne ma possedute dagli uomini. Cosa state facendo per cambiare questo stato di cose?
«Il 70% del cibo è procacciato dalle donne, coltivato con le loro mani, ma è un lavoro non considerato perché non remunerato. Stiamo cercando di dare valore a questa loro attività anche con un reality show: in “Female food heroes”, partito 3 anni fa in Tanzania e ora diffuso anche in Asia, ci sono donne che competono e condividono le loro abilità e alla fine si trasformano in imprenditrici. Anche capaci di difendere il loro diritto alla terra che lavorano. Di poterla ereditare da genitori e marito. Un successo».
Alessandra Muglia


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