Spiate 45 milioni di telefonate così gli Usa hanno intercettato politici e imprenditori in Italia

by Sergio Segio | 6 Dicembre 2013 8:27

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DOCUMENTI che l’Espresso pubblica in esclusiva per l’Italia in collaborazione con Repubblica.
Un file descrive l’esistenza e le attività dello “Special Collection Service” (Scs) a Roma e a Milano. Si tratta dello stesso team che, secondo il settimanale tedesco Spiegel, ha spiato il telefonino del cancelliere tedesco Angela Merkel. «I siti in cui si trova lo Special Collection Service », recita il documento in possesso de l’Espresso, «forniscono molta intelligence in presa diretta sulle comunicazioni della leadership, una missione largamente facilitata dal fatto di essere presente nella capitale di una nazione». Sono documenti molto importanti perché smentiscono le rassicurazioni fornite dal premier al Parlamento. Tre settimane fa, in un’informativa alla Camera, Enrico Letta ha detto: «In base all’analisi della nostra intelligence e dei contatti internazionali, non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di governo, né delle nostre ambasciate, né risulta che la privacy dei cittadini sia stata violata». Invece questi documenti top secret raccontano un’altra storia. Un file in possesso de l’Espresso rivela che, almeno fino al 2010, in Italia lo Special Collection Service è presente in ben due siti: a Roma, dove ha uno staff composto da agenti sotto copertura, e a Milano, capitale economica del Paese, dove — secondo un documento pubblicato per la prima volta dallo Spiegel — l’unità Scs opererebbe in modo totalmente automatizzato, ovvero senza l’ausilio di agenti. La presenza di ben due postazioni in un Paese relativamente piccolo come l’Italia, è un’eccezione: accade solo in Germania, bersaglio privilegiato dello spionaggio americano in Europa.
A Berlino, le antenne dello Scs sono state nascoste sui tetti delle ambasciate, da dove potevano captare le telefonate dei cellulari nella sede del governo e agganciare i ponti radio. E a Roma?
L’Espresso ha fatto esaminare le strutture della sede diplomatica americana a Duncan Campbell, il giornalista specializzato britannico che nel 1988 ha rivelato lo scandalo Echelon. Esaminando i tetti del palazzo di via Veneto, Campbell ha concluso: «La presenza del sistema di raccolta nascosto dello Special Collection Service, sul tetto dell’ambasciata di Roma, è chiara ed è una struttura simile a quella di altre ambasciate in giro per il mondo. Non ho alcun dubbio che la struttura cubica a forma di tenda sia un sistema per nascondere la raccolta di intelligence elettronica (Sigint, ndr), con molte antenne non visibili, capaci di ascoltare: telefoni delle reti Gsm, Gprs, 3G e Cdma, come anche i canali di comunicazione del governo e della polizia e di sostenere anche le attività speciali della Cia, come le intercettazioni mirate. La struttura ha probabilmente un rivestimento di plastica o di legno con pannelli dielettrici».
I file di Snowden smentiscono il premier anche su un altro punto fondamentale: lo spionaggio ai danni della nostra diplomazia. Nonostante fossero già trapelate indiscrezioni sulla stampa inglese, Enrico Letta ha dichiarato alla Camera: «Non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di governo, né delle nostre ambasciate». Invece i documenti che
l’Espresso ha ottenuto descrivono con chiarezza l’attacco alla nostra rappresentanza di Washington.
Un file del settembre 2010 classificato “top secret/noforn”, ovvero “top secret e non rilasciabile a cittadini stranieri”, rivela che l’ambasciata a Washington è stata oggetto non di una operazione di spionaggio, ma di ben due: la prima, indicata con il nome in codice “Bruneau” si riferisce alla missione segretissima “Lifesaver”, che permetteva alla Nsa di succhiare tutte le informazioni contenute nei computer, duplicando gli hard disk. La seconda, dal nome in codice “Hemlock”, invece, indica la missione “Highlands”, che dava accesso alle comunicazioni attraverso sistemi “impiantati” all’interno degli uffici.
Le due operazioni potrebbero essere state sospese dopo il 2010: nel file, infatti, sono indicate con un asterisco che, secondo quanto riportato nel documento stesso, indica obiettivi che «sono stati o abbandonati oppure messi in lista per essere abbandonati in un futuro vicino». In fondo al documento, infine, risulta che il file del 2010 è “derivato” da un rapporto della Nsa datato 2004: la nostra ambasciata è stata spiata da allora?
La sorveglianza di massa della Nsa non ha preso di mira solo il nostro governo e la nostra diplomazia, ma probabilmente anche milioni di cittadini italiani. Un file del programma top secret “Boundless Informant” titolato “Italy” rivela che, tra il 10 dicembre 2012 e il 9 gennaio 2013, la Nsa ha raccolto 45.893.570 metadati telefonici. Stime analoghe erano già circolate, ma ora il documento rivela l’incisività di questo monitoraggio. Tutti i metadati raccolti nel nostro Paese tra il 10 dicembre e il 9 gennaio 2013 si riferiscono alle comunicazioni telefoniche, a differenza delle slide pubblicate in Germania e in Francia, dove risultavano presi di mira i metadati delle comunicazioni via Internet.
I file di Snowden rivelano che la raccolta ha toccato punte quotidiane di oltre quattro milioni nei giorni della crisi politica che ha portato il governo di Mario Monti alle dimissioni. Raccogliere i metadati non è un’attività di spionaggio di serie B. Anche se è vero che i metadati non permettono di acquisire il contenuto delle conversazioni telefoniche, permettono comunque di ricostruire
le vite delle persone, i loro contatti diretti e indiretti, le loro relazioni, la loro posizione minuto per minuto. In teoria, si può pedinare l’intero Parlamento, i leader dei partiti politici, i ministri, le istituzioni e milioni di cittadini.
L’Espresso ha interpellato la Nsa, il Dipartimento di Stato e quello della Giustizia di Washington chiedendo commenti su questi file top secret prima della pubblicazione. A tutti il nostro giornale ha offerto anche la possibilità di sollevare osservazioni precise e obiezioni sulla sicurezza. Mentre il Dipartimento di Stato e quello della Giustizia non hanno risposto, la Nsa ha replicato, chiedendo di «fornire i nomi esatti o i titoli di tutti i documenti che intendete citare (nell’articolo, ndr).
Sarebbe d’aiuto capire esattamente cosa state guardando», ci ha scritto via email la portavoce della Nsa, Vanee Vines. Il nostro giornale ha fornito alcuni dei titoli presenti nei quattro documenti che menzioniamo in questo pezzo e che pubblichiamo oggi, a quel punto la Vines ci ha chiesto di «fare luce sull’articolo stesso: cosa avete scoperto? Cosa sostenete nell’articolo? ».
L’Espresso si è rifiutato di condividere informazioni sul testo prima della pubblicazione, a quel punto la portavoce Vines ha inviato una mail in cui precisa: «Non commenteremo pubblicamente nessuna delle presunte operazioni di intelligence e il governo americano ha chiarito che gli Stati Uniti raccolgono intelligence straniera del tipo di quella raccolta da tutte le altre nazioni».

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