Riforme, linea dura di Forza Italia «Con noi fuori non si fanno»
ROMA — L’invito a «decidere», e a farlo presto, arriva dall’ex amico di partito Gaetano Quagliariello: «Le riforme si devono fare, con quale metodo dipende dalle decisioni di Forza Italia, perché per avere i due terzi serve il loro apporto. È un modo anche per mettere il partito di Berlusconi davanti alle proprie responsabilità. Ma quel che è certo è che la riduzione del numero dei parlamentari e la riforma del bicameralismo partiranno comunque prima di Natale».
È insomma una sfida ad uscire allo scoperto quella lanciata dal ministro delle Riforme, che arriva a delineare come una scelta da «partito anti sistema» quella eventuale dei forzisti di non collaborare al processo di revisione costituzionale, visto che anche la Lega, pur stando all’opposizione «partecipa».
Ma in una Forza Italia che indurisce sempre più i toni e i modi della propria opposizione, e che appare ormai in guerra con gli ex colleghi del Nuovo centrodestra, l’appello viene recepito con freddezza, se non con ostilità. Con Berlusconi impegnato per un giorno a risolvere le grane del Milan, e in attesa di una riunione dei gruppi martedì che potrebbe partorire una linea unitaria sul tema, i toni che si registrano nel partito sono duri. E fanno capire che gli azzurri non sono affatto disposti a fare la parte dei portatori d’acqua tout court, senza che il loro eventuale apporto venga riconosciuto o ricompensato in termini programmatici o politici.
Renato Brunetta è il più duro: «Con la decadenza di Berlusconi è ritornata la guerra civile nel nostro Paese, e con l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza non si faranno le riforme costituzionali». Ma anche Paolo Romani, capogruppo dei senatori, è netto: «Come abbiamo spiegato al capo dello Stato, ci aspettiamo un percorso molto rigoroso, a partire dalle dimissioni di Letta che deve prendere atto che è finito il governo delle larghe intese che si reggeva sul patto tra tre forze politiche per affrontare l’emergenza economica e intraprendere un cammino di riforme. Fino a quando non avremo risposte alle nostre richieste, non potremo impegnarci su nulla, perché la situazione in questi sette mesi è radicalmente cambiata. E dall’8 dicembre, con Renzi alla guida del Pd, potrebbe esserci un quadro molto diverso dall’attuale, dunque aspettiamo».
Se Daniela Santanché fa capire quale sia l’animus più profondo in Forza Italia, avvertendo Alfano che non basta nemmeno «un passaggio parlamentare» ma ne serve uno elettorale per parlare di «chiare intese», e per Mara Carfagna «questo governo non serve all’Italia, è una inutile perdita di tempo», Mariastella Gelmini si dice «amareggiata» dalle parole di Quagliariello, che «conosce bene, per averlo vissuto in prima persona, quale sia lo spirito riformatore di Forza Italia». Se oggi c’è un problema, aggiunge l’ex ministro è perché per affermare un «autentico spirito riformatore» serve prima «costruire un clima politico propizio», e «agitare sciabole o, peggio, chiedere a Forza Italia di sfilare sotto le forche caudine per vedersi riconosciuta nel suo legittimo ruolo di opposizione, non porta lontano».
Cosa in concreto si aspettino gli azzurri per dare il loro apporto allo stato è difficile dirlo. Certamente però non saranno i toni ultimativi a convincerli a collaborare: «Non possiamo essere considerati estremisti perché “fuori” dalla maggioranza di governo, e poi considerati estremisti perché non siamo “dentro” la maggioranza sulle riforme», avverte Osvaldo Napoli. Insomma, per dirla con Paolo Bonaiuti, è evidente che «l’atteggiamento di Forza Italia dipenderà da quello che accadrà in futuro», ma già nei prossimi giorni dovrebbero arrivare risposte. Entro metà dicembre dovrà infatti essere votata alla Camera in quarta lettura la legge costituzionale che istituisce la commissione dei 40, quella che dovrà scrivere le riforme, e senza l’apporto del partito del Cavaliere mancheranno i due terzi per vararla. Al momento non è stato deciso quale atteggiamento tenere, anche se Maurizio Gasparri una sua idea ce l’ha: «Io la voterei, e poi da dentro chiederei che le riforme si facciano tutte, non solo quelle che vanno bene a loro. Noi siamo per il presidenzialismo, Quagliariello ricordi che lo era anche lui. Ecco, partiamo da qui, poi vedremo chi vuole le riforme e chi no».
Paola Di Caro
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