La legge elettorale ha le ore contate Spunta il «Matteum»

by Sergio Segio | 1 Dicembre 2013 8:53

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ROMA — «Devono capire tutti che sulla legge elettorale questa è la volta buona. Vedrete…». Mancano ventiquattro ore al momento in cui il Senato di esprimerà sull’ordine del giorno Calderoli per il ritorno al Mattarellum. E quarantotto alla sentenza della Consulta sul Porcellum. Il mantra che Matteo Renzi ripete ai suoi, stavolta, non è propaganda per guadagnare qualche punto in più alle primarie. Né tantomeno un preavviso di sfratto all’esecutivo, dove tutti — a cominciare dal vicepremier Angelino Alfano — guardano con terrore alle mosse che il sindaco di Firenze ha intenzione di compiere sulla madre di tutte le riforme. Anche perché, stavolta, la «carta segreta» c’è davvero. Ed è nascosta in un blocchetto di appunti che il sindaco di Firenze ha condiviso col politologo Roberto D’Alimonte, che è colui che ci ha lavorato, e con un ristrettissimo numero di collaboratori.
Dal «Porcellum» al «Matteum», e cioè alla nuova legge elettorale che Renzi ha intenzione di far presentare alla Camera nei prossimi giorni, il passo sarà lunghissimo. Aveva due carte su cui puntare, il sindaco di Firenze. Una era il ritorno a un Mattarellum corretto, l’altra era un maggioritario a doppio turno. Il colpo di teatro è che alla fine ha optato per tutti e due.
Funzionerà così, la riforma che ha in testa Renzi e che rimanda a una legge elettorale in due turni. Alla prima tornata, che servirà ad eleggere il 75 per cento dei deputati e dei senatori, si voterà come nella parte maggioritaria del vecchio Mattarellum. Le coalizioni presenteranno i propri candidati nei collegi — gli stessi delle elezioni del 1994, del 1996 e del 2001 — e il primo chi prende più voti si assicura lo scranno a Montecitorio o Palazzo Madama. Il restante 25 per cento dei seggi, e cioè il premio di maggioranza che garantirebbe la governabilità, verrebbe assegnato due domeniche dopo. Come? Con una sfida nazionale tra le prime due coalizioni che avranno ottenuto più voti.
La bozza non è ancora definitiva. E ci sono punti su cui è in corso un approfondimento, soprattutto su quel Senato che per la Costituzione dev’essere eletto su base regionale. Ma il nucleo centrale del «Matteum» è tutto in quei foglietti che hanno già compiuto, via posta elettronica, diversi «viaggi» tra Roma e Firenze. Foglietti che possono salvare il bipolarismo e raggiungere i due obiettivi che Renzi ha citato anche durante il confronto su Sky: «Sì alla governabilità», «no all’inciucio».
Con questa carta in tasca, per il sindaco di Firenze conta poco che la Consulta dichiari o meno ammissibile il ricorso contro il Porcellum. E non solo perché, come sussurra Roberto Giachetti, «qualunque sia la decisione della Corte Costituzionale è chiaro che poi la palla tornerà in Parlamento». Quanto perché, col «Matteum» confezionato da D’Alimonte, i renziani sono convinti di riuscire, in un colpo solo, a stanare eventuali «meline» dei governisti e a preservare la vita del governo di Enrico Letta. Come? Semplice. «Se Letta e Alfano dicono entrambi la verità», confida uno dei pochissimi che ha avuto accesso alla bozza renziana, «questa legge dovrebbero votarla entrambi, e quindi non ci sarebbero contraccolpi per il governo». Il primo perché il Mattarellum a doppio turno è la migliore sintesi delle proposte del Pd, «che è il suo partito». Il secondo perché, «se è vero che rimane nell’ambito del centrodestra berlusconiano, può trattare i collegi col Cavaliere nel momento in cui definisce l’accordo elettorale». D’altronde, se quest’accordo era fruttifero per partiti molto più piccoli con Berlusconi (’94), Occhetto (’94) e Prodi (’96) all’epoca del Mattarellum, «non si vede perché non possa diventare un’occasione buona anche per una forza come il Nuovo centrodestra». Le uniche cose che la riforma renziana terrebbe fuori dalla porta sono il ritorno al proporzionale puro e, con esso, il rischio di ritrovarsi una nuova legislatura all’insegna delle larghe intese. Ed è per questo, per capire come sarà recepita a Palazzo Chigi, che adesso Renzi preme sull’acceleratore e freme dalla voglia di lanciare sul tavolo «la carta segreta». Come a dire, «io mi sto comportando lealmente col governo. Vediamo se il governo farà lo stesso con me».
Tommaso Labate

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