Un cartello globale per manipolare le valute

by Sergio Segio | 16 Novembre 2013 7:56

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NEW YORK — “Cartello”, proprio come quello dei narcos di Medellin. Oppure “The Bandits Club”. Sono i due termini usati dagli inquirenti americani per designare un altro maxi-scandalo bancario. Stavolta si tratta del mercato valutario: il sospetto è che anch’esso fosse manipolato da un “cartello”, a danno di tutti i clienti bancari. Il danno inflitto può essere immenso: il Forex, abbreviazione di Foreign Exchange Market ovvero mercato dei cambi, muove quotidianamente transazioni pari a 5.000 miliardi di dollari. È quindi un mercato ben più grande non solo rispetto alle Borse ma perfino in confronto ai mercati dei titoli di Stato e altri bond. La notizia trapela dal Dipartimento di Giustizia americano, lo stesso che ha appena concluso procedimenti contro le grandi banche di Wall Street per le loro malefatte sui mutui infliggendo multe record (13 miliardi a JP Morgan Chase, 6 miliardi a Bank of America). Secondo le indiscrezioni che il Dipartimento di Giustizia ha fornito al New York Times, l’inchiesta sul Cartello Forex è internazionale, viene condotta in collaborazione con le autorità di Londra, dell’eurozona, della Svizzera e di Hong Kong. La “pistola fumante”, sono una serie di email e sms scambiati tra gruppi di trader che erano la cupola dell’organizzazione. Tra le banche sotto inchiesta, tre nomi spiccano sugli altri: l’americana Citigroup, le britanniche Barclays e Royal Bank of Scotland. Sicuramente l’inchiesta coinvolge anche la tedesca Deutsche Bank e la svizzera Ubs, altri due big nel mercato valutario. In tutto, gli istituti nel mirino sono nove. Il Cartello, secondo gli inquirenti, manipolava i corsi dei cambi per massimizzare i profitti delle banche a scapito della clientela. Si tratta di un comportamento analogo a quello messo in luce nello scandalo sul Libor: in quel caso ad essere manovrato di nascosto era il tasso interbancario che serve da parametro per fissare molti altri tassi di operazioni diffuse come i mutui-casa. L’indagine sul Cartello Forex è nata proprio come una diramazione dell’inchiesta sul Libor, per la quale Barclays e altre banche hanno già subito sanzioni pesanti. Nel caso degli scambi fra valute, le banche si accordavano tra loro per “inondare” i mercati con ordini di vendite o di acquisto opportunamente collocati in momenti-chiave, per poi ricavarne profitti per i colossi finanziari a danno dei clienti ignari. Oltre alle comunicazioni fra i trader, le autorità inquirenti avrebbero ottenuto la collaborazione attiva di almeno un trader “pentito”. In una dichiarazione al New York Times, il segretario alla Giustizia Usa, Eric Holder, ha detto che «la manipolazione scoperta finora può essere solo la punta dell’iceberg, questa è un’indagine che può avere conseguenze di grande portata». Alcune banche hanno già avvisato dell’inchiesta i propri azionisti, e hanno sospeso cautelativamente i trader in attesa che siano chiariti gli addebiti nei loro confronti. Diversi istituti coinvolti hanno anche cominciato a limitare la possibilità per i trader di comunicare fra loro attraverso email, sms, chatroom digitali, tutti luoghi che sono diventati potenziali contenitori di prove compromettenti. Dalle prime indiscrezioni sul Cartello Forex emerge anche una valutazione, da parte delle autorithy coinvolte: il mercato dei cambi nonostante la sua mole gigantesca è poco regolamentato. Le grandi transazioni tra le valute avvengono su delle piattaforme tecnologiche private, in particolare il sistema Autobahn gestito dalla Deutsche Bank e Velocity gestito da Citigroup. A differenza di quel che accade nelle Borse azionarie e obbligazionarie, dove un certo livello di trasparenza garantisce agli operatori di sapere cosa viene comprato e venduto in un dato momento, quel che accade dentro Autobahn e Velocity (o altri sistemi simili) è noto solo alle banche proprietarie. Quelle piattaforme sono definite come dei “bacini oscuri”.
Ieri intanto l’agenzia di rating Moody’s ha annunciato il downgrading di quattro big di Wall Street: JP Morgan Chase, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Bank of New York Mellon. La spiegazione: nel nuovo clima politico verso i banchieri, Moody’s ritiene che in caso di difficoltà queste banche non otterrebbero più salvataggi a spese del contribuente bensì verrebbero smantellate dagli organi di vigilanza.

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