Ue, cittadinanza agli stranieri in calo dopo 10 anni. Italia ventesima

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BRUXELLES – Dopo oltre un decennio di lenta ma costante crescita, l’UE registra per la prima volta un calo (-4%) della propria capacità d’inclusione dei cittadini d’origine straniera. Questo, in sintesi, quanto emerge dai dati sull’acquisizione della nazionalità diffusi oggi da Eurostat, l’Istituto statistico della Comunità europea. Oltre 780 000 persone hanno acquisito la cittadinanza di uno Stato membro dell’UE nel 2011 (erano 810 000 nel 2010, 776 000 nel 2009, 735 000 nel 2006, 722 000 nel 2005, 647 000 nel 2003, 483 000 nel 1998).

La diminuzione è imputabile soprattutto a quattro dei cinque paesi più importanti in relazione al numero di concessioni della nazionalità: Regno Unito (177 600 concessioni, -9% rispetto all’anno precedente), Francia (114 600, -20%), Spagna (114 600, -7%) e Italia (56 200, -15%). Solo la Germania registra un aumento: 109 600, +5%.

L’acquisizione della cittadinanza nel paese di residenza è un fenomeno che riguarda non soltanto i migranti in senso stretto, ma anche i loro discendenti nati nel paese d’accoglienza. Nella maggior parte degli Stati membri, infatti, la nazionalità di un bambino è determinata dalla nazionalità dei suoi genitori (jus sanguinis), piuttosto che dal suo luogo di nascita (jus soli). Francia e Regno Unito, ad esempio, privilegiano lo jus solis. La maggior parte dei paesi d’emigrazione (Spagna, Italia, Grecia, Portogallo) privilegiano invece lo jus sanguinis, che permette di conservare la nazionalità a coloro che sono appunto emigrati. Ma molto spesso i criteri sono ibridi, tengono conto cioè – in diverse misure – sia del luogo di nascita del bambino sia della nazionalità di almeno un genitore (ad esempio Belgio, Germania, Paesi Bassi). In verità, è proprio il concetto di nazionalità e cittadinanza che è in evoluzione. Il primo rinvia piuttosto al fatto di essere “membro di una comunità nazionale”, l’altro definisce invece il legame giuridico, e il sistema dei diritti, che lega una persona a uno Stato.

Secondo Eurostat il più grande numero di nazionalità è stato acquisito dai cittadini provenienti da Marocco (64 300 persone, soprattutto in Francia e Spagna), Turchia (48 900, soprattutto in Germania), Equador (33 700, quasi tutti in Spagna) e India (31 700, principalmente nel Regno Unito).

I cittadini Ue aventi acquisito la nazionalità di un altro paaese Ue vengono invece soprattutto da Romania (26 000), Polonia (11 000), Italia (7 500) e Portogallo (6 900). Gli italiani figurano inoltre al secondo posto, come cittadini stranieri aventi ottenuto la cittadinanza di un altro stato, in Belgio, Svizzera e Slovenia, e al terzo posto in Lussemburgo. In Italia, sono soprattutto i cittadini di Marocco, Albania, Romania e Egitto ad aver acquisito la nazionalità nel 2011.

Globalmente, in tutta l’UE le nuove concessioni di nazionalità riguardano 1,6 abitanti su 1000, come l’anno precedente. In relazione però al numero di stranieri residenti, il dato complessivo dell’UE resta basso e tende a diminuire: soltanto 23 stranieri su 1000 hanno infatti potuto ottenere la nazionalità del paese di residenza. Il fenomeno assume connotati profondamente differenti tra un paese e l’altro.

Rispetto alla popolazione nazionale, il numero più elevato di nazionalità accordate è stato registrato in Lussemburgo (6,6 concessioni di nazionalità per 1000 abitanti), in Svezia (3,9) e in Regno Unito (2,8). In Svizzera, che ricordiamo non fa parte dell’Ue, il rapporto è stato di 4,6 concessioni di nazionalità ogni 1000 abitanti. L’Italia si situa soltanto al 18° posto della graduatoria,con appena 0,9 concessioni di nazionalità per 1000 abitanti. Mettendo invece in relazione il numero di concessioni di nazionalità in un determinato paese con la quantità di stranieri lì residenti, le più alte concentrazioni di nuove concessioni si registrano in Ungheria (98 per 1000 stranieri residenti), Polonia (6,7),  Svezia (58) e Portogallo (52). Con appena 12 concessioni di nazionalità ogni 1000 stranieri residenti, l’Italia si posiziona molto in basso, al 20° posto. Dopo di noi soltanto Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Austria e Slovacchia (dati non disponibili per Croazia e Romania). (Bruxelles, Carlo Caldarini)

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