Tymoshenko: “Kiev nella Ue anche se resto in cella”

by Sergio Segio | 29 Novembre 2013 8:32

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BRUXELLES — «Non ho alcuna speranza che si firmi l’accordo adesso. Ma per l’Ucraina la porta resta aperta». Angela Merkel al suo arrivo a Vilnius per il vertice europeo sul partenariato orientale delude le aspettative di quanti ancora credevano nella possibilità di un accordo dell’ultimissima ora tra Kiev e Bruxelles. Tra questi c’è anche Yiulia Tymoshenko, l’ex premier ucraino ora agli arresti, che ha scritto una lettera aperta ai leader europei per invitarli a firmare il trattato di associazione Ue-Ucraina rinunciando a porre come condizione la sua liberazione. Una tesi appoggiata anche dai primi ministri bulgaro e polacco. Ma la soluzione non sembra a portata di mano.
Il vertice Ue sul partenariato orientale ha riunito ieri e oggi a Vilnius i ventotto capi di governo dell’Ue con i leader di
Ucraina, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Moldavia e Bielorussia. Ma la questione ucraina pesa come un macigno sul successo dei lavori dopo che, una settimana fa, Kiev ha deciso di annullare all’ultimo momento la sigla dell’accordo di associazione con l’Unione europea che era ormai in dirittura d’arrivo.
All’origine del voltafaccia ucraino ci sono sia le forti pressioni di Mosca, contraria all’intesa, sia il desiderio del presidente Viktor Yanukovich di tenere agli arresti la Tymoshenko, ma anche e soprattutto un braccio di ferro sulle condizioni economiche legate all’intesa. Yanukovich ha definito «umiliante» il finanziamento di 610 milioni offerto dalla Ue. E il vice primo ministro ucraino, Sergei Arbuzov, ha detto di aver già comunicato a Bruxelles quali sono le esigenze finanziarie di Kiev: circa 15 miliardi di euro l’anno per adeguarsi agli standard europei come richiesto dal trattato di associazione.
Ieri sera, alla vigilia dell’apertura formale del vertice, c’è stato un incontro tra Yanukovich, il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy e il presidente della Commissione Barroso. Nonostante il voltafaccia di Kiev, l’Unione europea afferma di essere pronta a firmare l’accordo anche subito, ma naturalmente alle condizioni che erano state concordate. Il presidente del Consiglio Enrico Letta, arrivato a Vilnius nel pomeriggio, si dice «preoccupato» per la rigidità dimostrata dagli ucraini: «lavoreremo in queste ore per vedere se è possibile recuperare. Continuo a pensare che con l’Ucraina e con questi paesi si debba avere un meccanismo che non crei un’alternativa Ue-Russia, altrimenti il problema diventa oggettivo».
In realtà tutta la partita del partenariato orientale, fortemente voluta dai nuovi Stati membri dell’Est, Polonia in testa, si gioca proprio sullo sfondo del rapporto con Mosca. L’obiettivo è attrarre le repubbliche ex sovietiche nell’orbita gravitazionale europea: una prospettiva che il Cremlino vede con sospetto. Ma le difficoltà, su questa strada, sono sia di ordine politico sia di ordine economico, soprattutto quando si parla di un gigante come l’Ucraina che ha fortissimi legami con la Russia da cui dipende per l’approvvigionamento energetico.
Come ha ricordato Putin al recente incontro di Trieste con Letta, Russia e Ucraina hanno un accordo di libero scambio. Ciò significa che un’eventuale intesa analoga tra l’Ucraina e la Ue permetterebbe ai prodotti europei di entrare sul mercato russo attraverso la porta ucraina senza pagare dazi. E questa è una prospettiva che Mosca non può accettare senza reagire. La presidenza di turno lituana della Ue, comunque, ha respinto fermamente l’ipotesi di un negoziato a tre tra Bruxelles, Mosca e Kiev per cercare di sbloccare la situazione.
Ieri intanto, in attesa di trovare una via di uscita dalla crisi ucraina, il vertice ha visto la sigla di accordi di associazione con la Georgia e con la Moldavia e una intesa sulla facilitazione dei visti con l’Azerbaigian. L’Armenia, invece, ha preferito sottoscrivere l’accordo di unione doganale con la Russia. Quanto alla Bielorussia, il dittatore Lukashenko, amico di Berlusconi, ha disertato l’incontro mandando in rappresentanza il ministro degli esteri. Fino a che non ci sarà un significativo cambiamento nel rispetto dei diritti fondamentali, i rapporti tra Bruxelles e Minsk restano congelati a tutti gli effetti.

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