Tutti contro tutti, spunta il rimpasto

by Sergio Segio | 20 Novembre 2013 9:31

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 «HO PROVATO a lavorare sull’abbandono volontario del ministro ma c’è l’ostacolo del presidente della Repubblica», confida il titolare dei Rapporti con il Parlamento ai suoi fedelissimi. Alla fine, con un Pd dilaniato dalle manovre congressuali e dai dubbi sul comportamento del ministro della Giustizia, tocca a Enrico Letta giocarsi, ancora una volta, la partita in solitudine. Mettendo in gioco se stesso. «Votare la sfiducia alla Cancellieri significa sfiduciare me e il mio governo. Vado io a parlare alla riunione dei deputati».
È solo la conclusione di una giornata lunghissima. Telefonate di chiarimento, colloqui tesi, sospetti trasversali, questo è il clima nel Partito democratico. C’è una rabbia profonda che s’insinua nel Pd per le manovre vere o presunte che ne stanno modificando il profilo, la sua classe dirigente. Gianni Cuperlo rompe gli argini e lancia la sua campagna contro Renzi. «Lui fa il furbo fuori da qui. Annuncia documenti via twitter ma non si confronta mai nelle sedi del partito. Poi, ci sono ministri come Franceschini e Delrio che chiedono al Pd di difendere il governo ma sostengono al congresso un candidato che tutti i giorni terremota il governo. Basta con questo giochetto».
Uno psicodramma che nemmeno l’impegno diretto del premier riesce a condurre verso un lieto fine. Finisce con una fragile tregua all’assemblea dei deputati che si svolge durante un temporale. Nessuno sa dire se supererà le 24 ore. «Ormai è tutti contro tutti. Sembra Rollerball. La Cancellieri è un problema, ma il punto è che non sappiamo quale sarà il futuro del Pd e dell’esecutivo », dice un ministro che solitamente sta lontano dalla mischia. Cuperlo riunisce i suoi deputati qualche minuto prima dell’assemblea del gruppo. Molti chiedono un voto «altrimenti Renzi ci frega. Ingoia la comunicazione di Letta ma da domani ricomincia a bombardare noi e il governo
». Il renziano Ernesto Carbone, il primo a chiedere le dimissioni della Cancellieri dopo la pubblicazione delle intercettazioni, punta il dito contro i «pierini » bersaniani e dalemiani. «Sono sicuro che al momento del voto sulla mozione di sfiducia alcuni di loro lasceranno l’aula, senza contare che Civati farà casino. Allora se Letta ci chiede un passo indietro, sia chiaro, dobbiamo farlo tutti». Il nodo, sempre di più in vista dell’8 dicembre data delle primarie, è il rapporto tra Matteo Renzi e Enrico Letta, ovvero tra il futuro segretario e l’esecutivo.
Il presidente del Consiglio chiama il sindaco nel pomeriggio. Gli annuncia la sua decisione di presentarsi davanti ai deputati. «Sbagli Enrico. Sbagli a difendere ancora il ministro. Dovresti essere il primo a sollecitare le sue dimissioni», dice Renzi. «Non è possibile — risponde Letta — e chiederò la fiducia su di me, sul mio governo. Mi sembra folle che il Pd si spacchi proprio nel momento in cui a spaccarsi sono quelli dell’altro campo». Sulla fiducia, Renzi alza le mani, si arrende. Ha ottenuto il massimo in fondo. Sta con la base dei democratici e fa in modo che a esporsi in modo acrobatico sia Letta. Politicamente e fisicamente. I conti si faranno dopo. Dopo il 9 dicembre.
Il sindaco è convinto che la storia non finisca qua. Dalla poltrona di segretario del Pd potrà subito ottenere un rimpasto della squadra governativa. Il match con la Cancellieri (e con Napolitano, soprattutto con Napolitano) è rimandato di pochi giorni. Il tempo breve di una campagna già vinta secondo i sondaggi. E il rimpasto che molti vogliono aprire dopo l’8 dicembre potrebbe vedere il cambio della Cancellieri e di Alfano. Dunque, Letta perderà la battaglia combattuta sul fronte del caso kazako e della vicenda Ligresti. La Cancellieri già così, con la quasi totalità del Partito democratico schierata per le dimissioni, appare un ministro, più che indebolito, dimezzato. Il suo piano carceri pronto da un mese, per dire, giace in un cassetto sotterrato dalle polemiche sulle telefonate con la famiglia Ligresi. Quando l’Interno e la Giustizia saranno caselle libere, il neo-segretario avrà voce in capitolo sulla sostituzione. E c’è da scommettere che non si accontenterà più di avere due ministri nella compagine democratica. Avrà altri nomi per rafforzare la presenza renziana in un rimpasto che coinvolgerà tutti i dicasteri e non sarà un passaggio facile per Letta.
Ma già adesso il confronto si fa più aspro. I risultati degli iscritti non lasciano margini a Cuperlo e Pippo Civati: bisogna alzare la
voce ed essere molto più aggressivi. Ci andrà di mezzo l’esecutivo e non sempre Letta potrà essere in prima fila a proteggerlo con il suo corpo. La violenza dell’attacco di Cuperlo a Franceschini e Delrio dimostra che sta cadendo il velo sulla difesa delle larghe intese. Il rush finale verso l’8 dicembre comporterà un coinvolgimento dell’esecutivo e non in senso positivo. Il confronto televisivo tra i tre candidati (dovrebbe essere il 29 novembre) si giocherà molto sul futuro della Grande coalizione. E i tre candidati faranno a gara nello sconfessare la costruzione messa in piedi da Letta e dal presidente della Repubblica. «L’assunzione di responsabilità collettiva sul caso Cancellieri», come la chiama Alfredo D’Attorre, cuperliano, non è detto che sarà stabile e duratura. I passaggi congressuali sono troppo delicati. Il prossimo scoglio sarà la decisione della Consulta sulla legge elettorale. È una tappa su cui, di nuovo, i candidati alla segreteria dovranno esercitarsi prendendo le distanze dalle cautele governative. Per oggi, Letta ha salvato la Cancellieri e se stesso. Ma domani è un altro giorno e l’assemblea dei deputati ha detto che non sarà facile.

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