Trigilia: un bonus occupazione anche per i lavoratori over 50

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ROMA — «Ci sarà un nuovo intervento sul cuneo fiscale, utilizzeremo una parte dei fondi europei che rischiamo di non spendere. Al momento si aggirano sui 4/5 miliardi di euro». Carlo Trigilia, ministro per la Coesione territoriale, ha in mano le chiavi dell’unica cassaforte che il governo può aprire senza mettere nuove tasse o tagliare le spese: i famosi fondi europei, in realtà finanziati dagli stessi Stati membri, boccata d’ossigeno per un’Italia senza fiato.
Ministro, quei fondi saranno utilizzati per rafforzare il taglio del cuneo, cioè delle tasse sul lavoro, previsto nella legge di Stabilità?
«Le regole di Bruxelles ci dicono che quei fondi non possono essere utilizzati per il taglio del cuneo in quanto tale, cioè per tutti i lavoratori. Li possiamo usare a patto che l’intervento produca occupazione aggiuntiva e porti all’assunzione di lavoratori in condizioni di particolare disagio».
Ancora i giovani al di sotto dei 29 anni?
«No, possono essere anche lavoratori anziani espulsi dal processo produttivo o altre categorie in difficoltà, come le donne in condizioni di particolare disagio».
Questo perché i risultati del bonus giovani non sono stati esaltanti?
«Non sono insoddisfatto anche se so che molti osservatori hanno criticato quello strumento. Prima di giudicarlo bisogna dargli una prospettiva temporale lunga e una dimensione larga. Anche per questo stiamo studiando l’intervento aggiuntivo sui lavoratori anziani».
Quale sarebbe l’età minima per l’assunzione, 50 anni?
«Una decisione non è stata ancora presa e non è detto che ci sia un’età precisa. Quello che conta, ai fini delle regole europee, è la condizione di disagio dovuta alla perdita del lavoro».
L’intervento sarebbe concentrato sempre nel Mezzogiorno?
«Soprattutto il Mezzogiorno ma non solo. La maggior parte dei fondi europei a rischio riguardano Campania, Sicilia, Calabria. Ma si potrebbero aggiungere risorse anche dal piano azione coesione, altri 10 miliardi, anche questi in parte da riprogrammare».
Resta il fatto che, già come per il bonus giovani, parliamo soprattutto di Sud.
«Ed è giusto perché è lì che la crisi colpisce più forte per una serie di motivi. Ad esempio perché è meno presente quella fascia di aziende orientate all’export che non risentono della crisi della domanda interna: oggi viene dal Sud meno del 12% dell’export italiano. E non dimentichiamo che soprattutto dal Mezzogiorno continuano ad emigrare giovani e lavoratori istruiti, le risorse migliori».
Se non sarà inserito nella legge di Stabilità, per il nuovo bonus servirà un altro provvedimento. Si rischiano tempi lunghi.
«Prima bisogna riprogrammare i fondi europei. Cosa non facile, le assicuro. Il nostro sistema è molto consensuale, intervengono amministrazioni centrali e regionali e l’operazione è complessa anche quando si tratta di fondi a rischio, perché i titolari delle risorse non guardano con favore a misure che limitano il loro potere decisionale, come le decontribuzioni o il credito d’imposta per investimenti in ricerca».
Che fa, litiga di nuovo con le Regioni?
«Le Regioni hanno i loro problemi ma il rischio è che guardino solo alla loro dimensione specifica perdendo di vista la valenza nazionale. C’è anche un problema da porre all’Europa, però».
Quale?
«Non è ragionevole che le risorse che l’Italia aggiunge ai fondi europei come cofinanziamento siano poi conteggiate ai fini del rapporto deficit/Pil. Quei soldi andrebbero comunque tenuti fuori dal deficit. Altrimenti l’Europa, che per molti italiani era una grande promessa, rischia di trasformarsi in una piccola gabbia».
Lorenzo Salvia


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