Sul garante dei detenuti Letta batta un colpo
Dopo il messaggio del Capo dello Stato alle Camere dello scorso 8 ottobre, dopo le polemiche sulle telefonate Cancellieri-Ligresti, che ne è rimasto del grande problema delle carceri fuori legge? Nei giorni scorsi abbiamo avuto la sensazione triste che il tema della dignità umana violata nelle prigioni italiane fosse anch’esso prigioniero di Berlusconi. Amnistia, indulto, riforme, detenuti morti in carcere sono stati tutti argomenti usati per sostenere strumentalmente una o l’altra delle posizioni in campo. Le inchieste giornalistiche sulla salute negata nelle carceri italiana o il racconto di storie di detenuti anoressici in stato di abbandono terapeutico sono stati utilizzati non per svelare autenticamente l’ingiustizia e la disumanità del sistema ma solo per fini politici. Abbiamo sentito convinti giustizialisti indignarsi perché non tutti sono trattati allo stesso modo, ovvero male. Abbiamo subito l’onta di prediche moralistiche provenienti dai settori più xenofobi della scena politica italiana.
In questi giorni, quando il tema carcerario è tornato pericolosamente nell’oblio della grande informazione, si sono levate le voci di sempre per cercare di illuminare il cono d’ombra penitenziario. Marco Pannella ha ricominciato lo sciopero della sete e della fame. Noi, con tutte le organizzazioni impegnate nella campagna per le tre leggi di iniziativa popolare sulla giustizia, abbiamo affidato a un gruppo di parlamentari quelle proposte che costituiscono un programma per una nuova giustizia penale e penitenziaria. Gli onorevoli Scalfarotto, Raciti e Coccia del Pd e Migliore e Farina di Sel sono i primi firmatari di una serie di progetti di legge che, se approvati, rivoluzionerebbero in senso democratico la nostra giustizia penale iniqua e asfittica, restituendo dignità alla parola “garantismo” che la destra berlusconiana ha deturpato.
Le proposte prevedono: un cambio radicale e liberale della legislazione sulle sostanze stupefacenti; politiche di decongestionamento delle carceri a partire dall’abrogazione della Cirielli sulla recidiva, da un minore uso della custodia cautelare e dalla depenalizzazione di tutto ciò che riguarda l’immigrazione; l’introduzione del delitto di tortura nel codice penale; l’istituzione di un organismo di controllo di tutti i luoghi di privazione della libertà. Mi soffermo su quest’ultima proposta. L’Italia entro aprile 2014 deve dare vita obbligatoriamente a un organismo di questo tipo: si è impegnata in tal senso con le Nazioni Unite, ratificando il protocollo opzionale alla convenzione Onu contro la tortura. Gli internazionalisti lo chiamano Npm, National Preventive Mechanism. Francia, Inghilterra, Germania, i Paesi del nord Europa l’hanno istituito. L’Italia non ancora. È dal 1997 che Antigone ha portato questo tema nel dibattito politico e parlamentare italiano, finora senza successo. Il garante dei diritti delle persone private della libertà non è una figura giurisdizionale. Deve visitare i luoghi di detenzione, dare indicazioni, prevenire gli abusi, occuparsi dei casi singoli. Oggi, in mancanza di una figura di garanzia che nulla toglie alle funzioni importanti della magistratura di sorveglianza, i detenuti si rivolgono a chi capita per vedere tutelati i propri diritti. Molti ad esempio si rivolgono al difensore civico di Antigone.
La vicenda Cancellieri-Ligresti evidenzia come il sistema sia strutturalmente carente di organismi indipendenti di garanzia. Nella carenza sistemica ognuno si arrangia come può. Ci appelliamo a tutte le forze politiche non xenofobe e illiberali affinché approvino in tempi rapidi la proposta di legge, la cui discussione da poco è iniziata in Senato. Ci appelliamo al Governo Letta perché dica una parola a riguardo, così rispondendo a tutte le accuse di una giustizia che funziona a varie velocità. L’Italia deve rispondere di questo all’Europa e all’Onu. Lo faccia bene con riforme che durino nel tempo.
*presidente Antigone
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