Spie, virus, omicidi. E un’ossessione: la Bomba

by Sergio Segio | 10 Novembre 2013 8:19

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WASHINGTON — L’atomica è diventata un’ossessione. Per motivi diversi. Gli iraniani, che la vogliono fin dall’epoca dello Scià, ritengono sia necessaria per bilanciare le altre potenze regionali. Gli Usa temono un Iran in grado di minacciare gli alleati dell’Occidente. Gli israeliani sono inquieti a causa di un nemico che per decenni ha promesso l’annientamento dello Stato ebraico. Ognuno ha proseguito sulla propria strada non risparmiando risorse. Teheran per arrivare al sogno della Bomba, gli altri per impedirlo. Ad ogni costo, con le buone o le cattive.
Gli ayatollah, memori di quanto accadde con il reattore nucleare iracheno di Osirak distrutto da Israele nell’81, hanno pensato subito alla contromisure. Prima hanno «disperso» gli impianti in decine di siti. Poi sono andati «sotto terra», realizzando laboratori in bunker protetti. E’ il caso di Fordo, scavato in una montagna vicino a Qom. Pilastri di un doppio programma nucleare. Uno aperto e l’altro segreto. Con i proventi del petrolio Teheran ha ingaggiato scienziati stranieri, come il russo Vyascheslav Danilenko, reclutato — si dice — a metà degli anni 90. Uno dei tanti tecnici rimasti a spasso dopo il crollo dell’Urss. Altri sono arrivati per mettere a punto i missili terra-terra. Ed ecco spuntare i nordcoreani, i cinesi, i patti strategici con i siriani e l’acquisizione massiccia di tecnologia. Dubai, l’Estremo Oriente e alcune «piazze» europee a fare da snodo per i traffici. Spese sostanziose anche in Italia, comprando da piccole imprese del nord. Quindi, sempre per coronare l’obiettivo, gruppi di «studenti» mandati a fare ricerca grazie a rapporti di collaborazione con centri europei. Una missione sacra benedetta dalla guida, lo scaltro Alì Khamenei, il maestro della scena politica sorretto dai pasdaran, potenza militare ed economica del Paese.
All’esterno, i rivali dell’Iran hanno picchiato duro. Nel 2005 la Cia ha lanciato la campagna «The brain drain» per prosciugare di «cervelli» l’Iran. Una manovra creata al fine di favorire la diserzione di scienziati o alti ufficiali. Alcuni sono svaniti nel nulla come il generale Ali Reza Asgari, visto per l’ultima volta nel 2007 in Turchia. Era sparito anche Shahram Amiri, nel 2009, in occasione di un pellegrinaggio alla Mecca. E’ riapparso un anno dopo negli Usa ed ha chiesto aiuto all’ambasciata pachistana a Washington. Pentito della sua fuga, è riuscito a tornare a Teheran. Lo hanno accolto con ghirlande di fiori, poi lo avrebbero messo in prigione per tradimento.
Destino peggiore quello di numerosi tecnici eliminati in Iran a partire dal 2010 da team di killer, probabilmente operativi ingaggiati dal Mossad israeliano. Omicidi mirati per spaventare chi era coinvolto nel programma atomico. Scienziati fatti fuori con cariche magnetiche piazzate sulle loro auto. Più misteriosi i decessi dei colleghi russi. Uno caduto durante una passeggiata in montagna a Bushehr (novembre 2008), un secondo trovato senza vita in un hotel di Malta. Vittime di incidenti o — come sospettano molti — della guerra segreta attribuita ad Israele e agli Usa, condotta con sabotaggi, bombe, sicari e virus cibernetici capaci di infettare i sistemi di controllo. Colpi pesanti ai quali Teheran ha reagito sponsorizzando attentati dalla Thailandia alla Bulgaria.
Instancabile, Israele ha continuato a denunciare il pericolo Iran con paure antiche e vicine, evocando il tradimento di Monaco 1938 davanti ai nazisti e segnalando come imminente il punto di non ritorno: celebre lo show del premier Netanyahu all’Onu con il disegno della bomba e la linea rossa. Un martellamento accompagnato dalla promessa di un blitz per fermare i piani dei mullah.
Il messaggio è stato colto all’Ovest, ma a Washington hanno deciso che per il bastone c’è sempre tempo ed è meglio provare con la carota. Sotto il primo mandato di Obama, gli Usa hanno schiacciato sul pedale delle sanzioni, inviato la flotta, mobilitato l’intelligence, spedito droni sui cieli dell’Iran. E ne hanno perso diversi, compreso il sofisticato «Sentinel» caduto o dirottato a terra. La pressione — sottolineano — ha spinto Teheran a trattare. Israele e sauditi non hanno gradito.
Guido Olimpio

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