Renzi spinge: Cancellieri deve lasciare Ma il centrodestra: resti al suo posto

by Sergio Segio | 18 Novembre 2013 6:15

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ROMA — «Se fossi il segretario, andrei ai gruppi e direi: ragazzi, con questa qui non si regge». Matteo Renzi interviene ancora sul caso di Annamaria Cancellieri. E lo fa chiedendo le sue dimissioni, anche se è pronto ad adeguarsi alle decisioni del partito. La linea sarà decisa domani sera: l’assemblea democratica precederà di qualche ora il voto di sfiducia, previsto per mercoledì alla Camera, sulla base della mozione presentata dai Cinque Stelle.
Il centrodestra pare compatto. «Noi siamo garantisti — dice Renato Brunetta —. Sulla pelle del ministro si sta facendo una gazzarra indegna». Angelino Alfano è in scia: «Sono convinto che non debba dimettersi». Ma il nodo resta nel Pd. Le ultime notizie hanno aggravato le difficoltà politiche del ministro. E le parole di Stefano Fassina, viceministro dell’Economia, pesano: «Il rapporto con la Cancellieri si è incrinato». La speranza di molti è che il ministro faccia un passo indietro, togliendo il Pd dall’imbarazzo. Lo conferma Fassina: «Il ministro valuti attentamente il da farsi».
Tra i primi a premere per una presa di distanza forte dalla Cancellieri c’è Renzi. Che era intervenuto clamorosamente a «Servizio Pubblico» (dopo il discorso del ministro alle Camere), per dire che era «inaccettabile che il caso Cancellieri» fosse finito così. Ieri, ospite da Fabio Fazio, Renzi ha ribadito: «Secondo me, si deve dimettere. L’ho detto e lo ripeto. Sin dalla prima telefonata, si intrecciano in questa vicenda una serie di messaggi per cui sembra che la legge non sia uguale per tutti. Un meccanismo atroce». E ancora: «La Cancellieri è una persona molto seria ma ha sbagliato: sono convinto che prima della mozione dovrebbe fare un passo indietro». Cadrà il governo, chiede Fazio. «Ma no, perché dovrebbe, siamo qualcosa di più del suo destino. E poi non basta uno starnuto per far cadere un governo».
Resta inevasa la domanda su una possibile mozione di sfiducia del Pd. Perché questa è l’ipotesi che ha lanciato Pippo Civati, il quale ha ottenuto il sostegno di Laura Puppato («sono d’accordo con lui al cento per cento») e di Felice Casson. Di fronte alla tesi che «non si può votare una mozione dei Cinque Stelle», Civati ha annunciato che ne presenterà una lui. Non ha ancora deciso se per chiedere le dimissioni o per esprimere biasimo per il suo comportamento. Danilo Leva, responsabile Giustizia del Pd, replica così: «Non possiamo andare in ordine sparso, ma serve una decisione comune. Chi si candida alla segreteria del Pd dovrebbe conoscere le regole dello stare in un partito». Anche Fassina è duro: «Civati deve ricordarsi che fa parte di un partito. Siamo in campagna congressuale ma a tutto c’è un limite. È inaccettabile l’idea che uno si sveglia e presenta una mozione di sfiducia». Civati, invece, insiste per la chiarezza: «Decidiamo. Io voglio un voto, in un senso o nell’altro. Decidiamo di votare per ribadire la fiducia alla Cancellieri? Va bene, facciamolo. Io non voglio prendere una pozione isolata».
La vera questione è che nessuno vuole tenersi il cerino in mano. Di qui i continui appelli a Guglielmo Epifani, perché presenti una mozione e chieda il voto. «Ma lui è il segretario uscente, non spetta a lui», fanno sapere uomini a lui vicini. Il rischio paventato da Civati è che alla fine non si esca con un voto e una posizione chiara. L’altro dubbio è se il premier Enrico Letta si presenterà o meno alla riunione del Pd. Non è un dubbio da poco perché la sua presenza renderebbe difficile un pronunciamento del partito contro il ministro. Anche perché il timore principale è proprio quello di mettere a rischio la tenuta dell’esecutivo. Ma Letta non pare intenzionato a partecipare. Anche se Francesco Laforgia, sostenitore di Cuperlo, lancia un appello: «Sono convinto che debba essere Letta a disinnescare la mina Cancellieri, chiedendole di dimettersi, per evidenti ragioni di opportunità politica. E anche per evitare il primadonnismo da partito».
Alessandro Trocino

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