Quella inutile conferenza sul clima. Gli ambientalisti lasciano in anticipo
Tanto che ieri parecchie Ong se ne sono andate in anticipo. Indignate. Circa 800 militanti di organizzazioni non governative ambientaliste — come Wwf, Greenpeace, Friends of the Earth, Oxfam — e la Confederazione internazionale dei sindacati hanno deciso che era inutile partecipare dal momento che — hanno detto — il risultato sarà «nullo» e la presidenza polacca della conferenza «ha messo al centro gli interessi delle industrie energetiche sporche».
A questi vertici partecipano migliaia di persone: i negoziatori di 189 Paesi e le loro delegazioni, giornalisti, esperti e scienziati, militanti. Una fiera accanto alle trattative dei ministri. A Varsavia si dovrebbe decidere un percorso per arrivare nel 2015 a un accordo globale sulla riduzione delle emissioni. Il fatto è che nessuno crede che si possano avere risultati. Nei giorni scorsi, il Giappone ha cambiato i termini del discorso globale: nel 2009 aveva promesso di tagliare entro il 2020 le emissioni di gas serra del 25% rispetto ai livelli del 1990, ora dice che li supererà del 3%. In parallelo, gli Stati Uniti, nonostante la retorica di Barack Obama, non hanno intenzione di prendere impegni: si limitano a incolpare la Cina, che non accetta limiti fissi alle emissioni. Australia, Canada e i Paesi emergenti fanno lo stesso. In sostanza, l’Unione Europea è isolata nella strategia di darsi tetti di emissione: come era chiaro sin dalla famosa conferenza sul clima di Copenhagen del 2009.
Ora, anzi, si aprono crepe anche nella Ue. In particolare, la Polonia ha addirittura cambiato l’altro ieri il ministro dell’Ambiente, proprio mentre questi presiedeva la Conferenza sul clima. E ha nominato al suo posto un sostenitore delle energie da idrocarburi. È che la strategia dei tetti alle emissioni, costosissima, non sta più in piedi. Serve qualcosa di efficiente. Assieme a qualche conferenza di meno.
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