Privatizzazioni, missione di Saccomanni nella City

by Sergio Segio | 2 Novembre 2013 9:12

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ROMA — Un bilaterale con il Cancelliere allo Scacchiere, George Osborne, un altro con il governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, una serie di incontri con gli esponenti della City, una visita al London Stock Exchange, un discorso alla London School of Economics. Lunedì e martedì il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni sarà impegnato a Londra in una missione, come la chiama lui, di «marketing istituzionale».
Al governo, ma soprattutto ai banchieri britannici, il ministro dell’Economia spiegherà i progressi nel risanamento dei conti pubblici, la ripartenza entro l’anno, delle privatizzazioni, forse anche con una quota dell’Eni, le scelte assai prudenti per il 2014 delineate dal governo con la legge di Stabilità. Che proprio in quegli stessi giorni entra nel vivo dell’esame parlamentare, con i partiti della strana maggioranza che sostiene il governo a riscriverla quasi daccapo.
I due capitoli più importanti di tutta la manovra economica per il 2014, il taglio del cuneo fiscale e la riforma delle imposte sulla casa, sono apertissimi. Da tutti, Pdl, Pd, Scelta civica, lo sgravio fiscale sul lavoro dipendente previsto dal governo viene giudicato del tutto insufficiente. Sono meno di quindici euro lordi al mese, e non per tutti, perché incapienti e redditi oltre 55 mila euro sono fuori, oltre ai pensionati e agli autonomi.
Il governo è perfettamente consapevole che un alleggerimento Irpef di 1,7 miliardi sia ben poca cosa, ma le risorse sono quelle (e per giunta, per almeno 500 milioni, recuperate tagliando altre detrazioni fiscali, quelle del 19%). «O troviamo altre risorse, oppure dovremo restringere la platea dei beneficiari di questi sgravi», dice Giorgio Santini, relatore della legge di Stabilità per il Pd in commissione Bilancio del Senato.
La linea è quella concordata giovedì nel corso di un lungo incontro tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il vicepremier, Angelino Alfano, il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, e lo stesso Saccomanni. «Il Parlamento ha lo spazio che vuole. Si possono aumentare le risorse a servizio del cuneo tagliando altre spese, ma bisogna indicare quali. Ma anche restando a saldi invariati c’è spazio per redistribuire carichi e benefici» spiega Franceschini.
L’altro «nodo» è quello delle tasse sulla casa. Il Pdl, anche ieri con Silvio Berlusconi, fa dell’abolizione delle imposte sulla prima casa una questione politica dirimente. Ma anche nel Pd c’è parecchia preoccupazione per la riforma disegnata dall’esecutivo. Non è pensabile che chi sia stato già esentato dal pagamento dell’Imu sulla casa d’abitazione in virtù delle detrazioni, debba invece pagare in futuro, anche se non più l’Imu, la nuova Tasi. L’obiettivo minimo del Pd è quello di riproporre le detrazioni sulla nuova imposta, ma ci vorrebbe un miliardo e mezzo in più. Quello del Pdl è l’esenzione totale della prima casa, con il conto che sale a 4 miliardi. Servono più soldi e la caccia, frenetica, s’è scatenata in tutti i partiti. Il Pd ha ripreso in considerazione l’aumento delle imposte sulle rendite finanziarie, che nella prima bozza della legge di Stabilità erano state elevate dal 20 al 22%, ma anche l’anticipo della delega fiscale per far scattare la tassa sulle multinazionali come Google, o la riproposizione della Tobin Tax. Nel Pdl si studiano gli effetti di altre possibili misure, a cominciare da quelle per favorire il rientro dei capitali dall’estero, ed in particolare dalla Svizzera.
Qualche soldo in più sulla manovra dell’anno prossimo potrebbe mettercelo anche il governo.
Ci sono tre provvedimenti pronti che produrrebbero un gettito non ancora contabilizzato nelle cifre ufficiali.
La rivalutazione delle quote delle banche nel capitale di Bankitalia, che potrebbe fruttare quasi 1,5 miliardi una tantum, il rientro dei capitali dall’estero senza il condono delle tasse ma anche senza conseguenze penali, la spending review. La rivalutazione del capitale Bankitalia e il rientro dei capitali dall’estero potrebbero arrivare, con un decreto o emendamento del governo, nel corso dell’esame della manovra in Parlamento. Per la spending review ci vorrà invece qualche mese di tempo. Anche se il commissario Carlo Cottarelli è ottimista.
Mario Sensini

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