by Sergio Segio | 9 Novembre 2013 7:47
ROMA — Seicento emendamenti dal Pd, altrettanti dal PdL. Con il centrosinistra che punta a ritocchi importanti della Legge di Stabilità, ma senza grandi stravolgimenti, e il centrodestra che immagina una legge di bilancio per il 2014 quasi del tutto nuova, e di portata quasi doppia. In mezzo Scelta Civica, che ragiona invece a saldi invariati e su spostamenti modesti dei carichi fiscali. Mercoledì il Senato inizia a votare gli emendamenti alla Legge di Stabilità, ma i partiti di maggioranza hanno ormai messo le carte sul tavolo. Molte proposte di modifica riguardano le pensioni, ed in particolare il ripristino dell’indicizzazione per quelle sopra 1.500 euro, moltissime il taglio del cuneo fiscale, che tutti vorrebbero rafforzare, e molte altre ancora la riforma delle tasse sulla casa nel tentativo di alleggerire l’imposizione. La direzione è la stessa, ma è sulla portata ed il modo di arrivare agli obiettivi che differiscono, e di parecchio, le proposte presentate in questi giorni dai partiti.
Rendite e condoni
Tanto per dire, il Pd è convinto che basti trovare un miliardo in più per far quadrare tutto, mentre il PdL propone maggiori entrate per 7-8 miliardi, in pratica un’altra Legge di Stabilità, per realizzare il suo programma. Sul come, ognuno ha la sua ricetta. Il Pd punta sulla spending review e la messa a regime di costi e fabbisogni standard, ma anche sull’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie dal 20 al 22%, sulla revisione della Tobin Tax, che andrebbe abbassata, ma applicata ad una base imponibile più ampia, il riordino delle tasse sui giochi online e delle agevolazioni fiscali.
Ben più ambizioso il programma del PdL, così come le coperture immaginate. I senatori del centrodestra sono convinti di portare a casa almeno 4-5 miliardi dalla vendita degli stabilimenti balneari e da concessioni di lungo periodo degli arenili. Tra le altre proposte per coprire la maggior spesa ritenuta necessaria, c’è anche la “rottamazione” dei ruoli di Equitalia. Una specie di mini-condono fiscale: si pagherebbero le tasse, ha spiegato ieri il relatore alla legge di bilancio del PdL, Antonio d’Alì, ma non le sanzioni.
Le due strade del cuneo
Le divergenze tra i partiti della “strana maggioranza” restano molto forti anche nel merito delle cose da fare. Tutti sono daccordo sulla riduzione delle tasse e dei contributi per le imprese ed i lavoratori dipendenti, il cosiddetto taglio del cuneo fiscale, ma su come farlo ognuno ha la sua idea. Per la quota di sgravi che riguarderanno i lavoratori (sul piatto, per il 2014, il governo ha messo un miliardo e mezzo), il Pd suggerisce di prendere a riferimento i redditi e concentrare i benefici su chi non arriva a dichiarare 28 mila euro lordi annui. In questi termini l’operazione riguarderebbe un numero piuttosto limitato di lavoratori, che percepirebbero circa 200 euro l’anno. Preferibilmente, dice il relatore della Legge di Stabilità del Pd, Giorgio Santini, in un’unica rata. Nel PdL, invece, sta facendo strada l’idea di Maurizio Sacconi, che non vorrebbe destinare il bonus in base al reddito, ma legarlo alla produttività. Anche il PdL sostiene che il taglio delle imposte a favore dei lavoratori debba essere almeno raddoppiato.
Pensioni più pesanti
Meno accentuate le divergenze sul tema pensioni. Tutti puntano ad evitare un’eccessiva penalizzazione su quelle di importo più basso. Il PdL vorrebbe far scattare il blocco dell’indicizzazione solo per le pensioni oltre 6 volte il minimo, e solo per i pensionati che hanno meno di 68 anni. Anche il Pd chiede di reintrodurre l’indicizzazione piena sulle pensioni più basse, sopra 1.500 euro, ma suggerisce di compensare i costi con un maggior prelievo sulle pensioni d’oro (oltre i 90 mila euro annui). Sempre dal Pd arriva la proposta di “liberare” un po’ di risorse destinate agli ammortizzatori in deroga consentendo a chi viene licenziato ed ha almeno 62 anni di andare in pensione con il sistema contributivo.
Il fronte di scontro più duro, però, sarà quello della casa. Per il PdL l’obiettivo di base è un tributo che sia comunque più basso «dell’attuale carico fiscale sugli immobili». Alla lettera, vorrebbe dire niente Imu sulla prima casa. Ad ogni modo, per il PdL, la nuova tariffa sulla nettezza urbana dovrà essere pagata in base alla produzione di rifiuti e non ai metri quadri della casa. Il Pd, invece, immagina solo qualche alleggerimento rispetto all’Imu, magari con il ritorno delle detrazioni per i familiari a carico.
Il Pd ha proposto anche la creazione di un fondo contro la povertà da 200 milioni, mentre il Movimento 5 Stelle è andato oltre, proponendo il reddito minimo di cittadinanza di 600 euro mensili, e l’integrazione allo stesso livello delle pensioni più basse, coprendo la spesa, prevista in 19 miliardi, con 20 voci d’entrata tra le quali una patrimoniale, l’azzeramento di tutte le spese militari, un contributo progressivo sulle pensioni d’oro. Su questo il Movimento sta preparando un proposta di legge con una consultazione online. «Pura demagogia» secondo il vice ministro dell’Economia del Pd, Stefano Fassina: «Costerebbe 30 miliardi».
Mario Sensini
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