by Sergio Segio | 13 Novembre 2013 7:35
Per ora è piuttosto un tentativo disperato di mettere assieme parti che assieme non riescono più a stare, nemmeno nel chiuso di una stanza. Che non si parlano se non per interposta persona, che non vogliono nemmeno loro affidarsi a mediatori che, comunque, sono già in campo. Ieri è stata la loro giornata, e siamo ancora all’inizio: a quattro giorni dal consiglio nazionale che lancerà Forza Italia e Berlusconi presidente dai pieni poteri, una colomba — ironizzando ma fino a un certo punto — già prevede quello che accadrà: oggi sarà il giorno in cui i governativi mettono i loro paletti, domani quello dei frenetici via vai delle due fazioni chez Berlusconi, venerdì ci sarà l’ultimo incontro con mozione reciproca degli affetti tra il Cavaliere e Alfano, e alla fine sabato — al consiglio nazionale — si arriverà con i falchi che votano e i governativi in disparte, quasi tutti assenti. Per sancire la fine ufficiale, ci vorranno «un’altra quindicina di giorni, ma arriverà».
Se si tratti di una previsione pessimistica è impossibile da dire: con Berlusconi, ormai, la giravolta dell’ultimo minuto non è da escludere. Ma è un fatto che, a ieri sera, nessun passo reale era stato compiuto.
In campo, dicono, ancora non è sceso ufficialmente Fedele Confalonieri (dovrebbe farlo oggi) assieme a Letta e a Ennio Doris. Così si muovono le seconde file: da Maria Rosaria Rossi a Nunzia De Girolamo a Ghedini: segnali, ipotesi, appelli, mezze frasi sussurrate da riportare gli uni agli altri che però — allo stato — sul terreno lasciano poco. Ovvero una sorta di offerta (dei più moderati fra i falchi) alle colombe di partecipare al Cn, votare il documento dell’ufficio di presidenza che dà (provvisoriamente) tutti i poteri al solo Berlusconi (e forse una vice presidenza ad Alfano) e che fra le righe riconferma la fiducia al governo, con l’assicurazione che Berlusconi, dal palco, non sparerà sull’esecutivo e non minaccerà sfracelli sulla decadenza, limitandosi ad un discorso «alto e nobile».
Soluzione pilatesca che allungherebbe i tempi del chiarimento definitivo fino al varo della legge di Stabilità e al voto sulla decadenza. Soluzione che permetterebbe a Berlusconi di tenersi aperte tutte le strade. Perché, dice chi ha parlato con il Cavaliere nelle ultime ore, lui ancora spera di riuscire nel miracolo di tenere il partito unito, di varare una legge di Stabilità senza alcuna tassa sulla casa né è per l’oggi né per mai, e di spostare il più avanti possibile, magari all’anno prossimo, il voto sulla decadenza. E in attesa di verificare se l’impresa è possibile —, come secondo i falchi qualcuno fra le colombe gli avrebbe fatto credere, almeno in parte — di rompere e far saltare all’aria il suo partito Berlusconi non ha voglia.
Ma il problema poco aggirabile è che Alfano e i suoi — a partire dai più duri Quagliariello e Cicchitto — non vogliono legarsi le mani al cn senza avere garanzie di un «accordo serio», che passa per un loro riconoscimento e presenza sostanziosa ai vertici e nelle candidature di Forza Italia e per l’assicurazione che il governo non cadrà in ogni caso: «Non siamo scemi, non diamo fiducia in bianco», la posizione di quasi tutti. Esattamente il contrario di quello per cui lottano da settimane i falchi: «Accordo sì — avverte Fitto dopo aver incontrato Berlusconi — ma deve essere nella chiarezza». Ovvero, niente concessioni preventive agli alfaniani e su governo e decadenza, due temi sui quali — su questo sembrano d’accordo le due fazioni — a Berlusconi, di concreto, arriverà «poco e niente, perché il Pd potrà rimandare la data del voto sulla Severino di qualche giorno, ma mai oltre le primarie dell’8 dicembre. Il resto è sogno».
Insomma, l’accordo è quasi impossibile, ma fino all’ultimo momento utile Berlusconi tenterà di tenere tutto in piedi. Se è il solito e stremante gioco del cerino o l’annuncio di prossima capitolazione, lo si capirà nelle prossime ore. Forse.
Paola Di Caro
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