Morto un Pdl se ne fa un altro

by Sergio Segio | 18 Novembre 2013 6:55

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La ri-fondazione forzista (20 anni dopo) ha, infatti, prodotto la fondazione di un nuovo soggetto politico. Ncd: il Nuovo centro-destra.

Così, dalla divisione del Pdl, il Popolo di Silvio, sono emersi due popoli. I Berlusconiani Ultrà, guidati da Daniela Santanché, da un lato. I Diversamente Berlusconiani, guidati da Angelino Alfano, dall’altro. Gli uni (sedicenti) duri. Gli altri (sedicenti) moderati. Reciprocamente ostili e distanti. E insofferenti. Eppure entrambi “fedeli” al Capo.
Non fosse davvero aspro e lacerante il conflitto tra le due fazioni, almeno sul piano dei rapporti personali, vi sarebbe da sospettare un gioco delle parti. Fra componenti berlusconiane di lotta e di governo. Destinate, in caso di elezioni, a tornare insieme, come ha previsto lo stesso Berlusconi. Quasi una strategia di marketing e di marchi, come nell’offerta delle reti tv, per raggiungere diversi settori di mercato. Per stare sempre al governo e beneficiando, al tempo stesso, della rendita di op-posizione. (Lo ha suggerito Enzo Cipolletta in una nota per l’agenzia InPiù.) D’altronde, il Porcellum spinge a costruire coalizioni ampie, le più ampie possibili, fra soggetti diversi. Più diversi che mai. Così, per vincere le elezioni, si creano alleanze che rendono difficile, in seguito, governare. Come dimostrano le legislature successive all’avvio del Porcellum. Dal 2006 a oggi. Attraversate da tensioni endemiche. Il virus della decomposizione ha contagiato anche la coalizione di centro. Vista la frattura tra Sc e l’Udc. Vista la scissione di Sc, dove alcuni parlamentari, guidati da Mauro, si sono staccati. Per riunirsi, forse, all’Udc. O, forse, ai “diversamente berlusconiani” di Alfano. Allargando, per paradosso, il peso di Berlusconi in Parlamento. Ma anche in prospettiva elettorale.
Sull’altro versante, nel Pd, le primarie non sembrano aver prodotto i benefici effetti di un anno fa. Quest’anno, d’altronde, non si tratta di eleggere il candidato premier della coalizione, ma il segretario del partito. Tuttavia, è difficile per qualsiasi partito, anche il più solido e coeso (e il Pd di questi tempi sicuramente non lo è), “sopravvivere” a oltre un anno di primarie, quasi ininterrotte. Perché le primarie accentuano, necessariamente, le divisioni interne, fra leader e componenti (correnti?). Tanto più se vengono adottati diversi modelli di competizione, che corrispondono a diversi modelli di partito. I congressi, che riflettono le logiche dell’appartenenza e dell’organizzazione “locale” dei vecchi partiti di massa. E le primarie, appunto, che evocano una logica maggioritaria e presidenzialista.
In questo modo, la scelta del segretario e degli organismi dirigenti del Pd rischia di avvenire attraverso spinte dissociative, più che associative. Indebolendo il leader, invece di rafforzarlo. D’altronde, D’Alema ha affermato all’Unità che Renzi non può – e non deve – vincere in modo troppo netto. Perché non deve «pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia».
Da ciò il contrappunto. Il centrodestra, Nuovo e Vecchio, si divide ma, in prospettiva elettorale, sembra in grado di ri-unirsi e di allargare la sua capacità di attrazione. Potremmo dire: morto un Pdl se ne fa un altro. Mentre il Pd si mobilita per eleggere il nuovo leader. Ma, al tempo stesso, si preoccupa di non rafforzarlo troppo.
Per questo, mai come oggi, sarebbe necessaria una legge elettorale in grado di contrastare la de-composizione in atto. Spingere al bipolarismo, se non al bipartitismo. Legittimare il leader della coalizione. Offrire agli elettori maggiori possibilità e poteri nella scelta degli eletti. I progetti in campo non mancano. Fra tutti: il doppio turno alla francese (proposto, di recente, da Giovanni Sartori insieme a Piero Ignazi e altri politologi); oltre al ritorno al Mattarellum, imperniato sull’uninominale di collegio. (Abolendo, magari, la quota proporzionale.) Si sente, altresì, parlare di ritorno al proporzionale. Un rimedio, come ha sostenuto Roberto D’Alimonte (sull’Espresso), peggiore del male. Tuttavia, dubito che il Parlamento riesca a produrre una nuova legge, diversa dal Porcellum. Anche se costretto dalla Corte Costituzionale, che, d’altronde, non mette in discussione il Porcellum in quanto tale — non potrebbe. Ma la soglia oltre cui fare scattare il premio di maggioranza, per la coalizione vincente.
D’altronde, le leggi elettorali, nel dopoguerra, sono state “cambiate” solo per via extra-parlamentare, attraverso i referendum popolari (nel 1991 e nel 1993). Oppure con un colpo di mano, come nell’autunno 2005. Quando la maggioranza di Centrodestra, allora al governo, in vista delle elezioni dell’anno seguente, propose e impose, in fretta e furia, il Porcellum. Non per vincere le elezioni: non sarebbe stato possibile. Ma per impedire all’Ulivo di prevalere largamente, come sarebbe avvenuto con il Mattarellum. E, soprattutto, per ostacolare il futuro governo. Perché il Porcellum impone la costruzione di aggregazioni ampie, anzi: le più ampie possibili. Tra partiti e partitini diversi. Più numerosi e diversi possibili. E a tutti, anche ai più piccoli, attribuisce poteri di veto e di ricatto. I listini bloccati, infine, non danno agli elettori possibilità di scelta, ma accentuano il potere dei dirigenti di partito sugli eletti.
Così, è difficile cambiare questa legge. Perché il Porcellum è per tutti il “male minore”. Oggi, infatti, nessun partito è in grado di “vincere” da solo. A destra, sinistra e al centro: sono aumentate le divisioni e i personalismi. Lo stesso M5S, con questa legge, in Parlamento, può condizionare gli altri partiti, “costretti” a governare tutti insieme. Ma può, al tempo stesso, tenere insieme i propri parlamentari. Che, fuori dal M5S, difficilmente verrebbero ri-candidati.
Infine, istituire un nuovo e diverso sistema elettorale, aprirebbe le porte a nuove elezioni, eventualità temuta da tutti. Partiti e parlamentari di ogni schieramento, eletti da pochi mesi e, in maggioranza, alla prima nomina.
Per queste ragioni, nonostante i richiami del Presidente, nonostante i proclami politici e nonostante l’urgenza, ritengo improbabile, per non dire impossibile, che venga approvata una nuova legge elettorale “per via parlamentare”. Perché questi partiti e questo Parlamento sono figli del Porcellum. Come potrebbero uccidere il padre?

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