L’Iran frena sul nucleare Spinta all’intesa con gli Usa

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WASHINGTON — Dopo l’inatteso stop gli Usa tornano ad essere ottimisti sul negoziato con l’Iran e non escludono di raggiungere l’intesa al prossimo incontro, previsto per il 21 novembre. Ad affermarlo funzionari dell’amministrazione protetti dall’anonimato. Una previsione che si incastra, come in un complicato mosaico, con un altro segnale arrivato da Teheran. Gli scienziati nucleari — secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica — hanno rallentato in modo sensibile l’arricchimento dell’uranio al 20 per cento, ossia quello suscettibile di impiego militare.
In base alle ultime rilevazioni dell’Aiea, con l’arrivo alla presidenza di Hassan Rouhani, più pragmatico che moderato, il programma atomico ha perso intensità. L’Iran ha proseguito con le sue ricerche, ma ha volutamente frenato. Magari ci sono anche motivi tecnici, però gli osservatori non escludono che il nuovo leader abbia voluto lanciare un messaggio di buona volontà per arrivare all’accordo. Obiettivo che sembrava cosa fatta, pochi giorni fa, in occasione dell’ultimo summit a Ginevra. Invece, la firma non c’è stata. La Francia, dopo aver raccolto i timori e le pressioni israeliane, si è opposta tirandosi dietro il no degli altri Grandi.
Adesso il dossier torna al centro dei colloqui, con una tabella di marcia già fissata. Almeno sull’agenda. Il ministro degli Esteri iraniano Zarif incontrerà la responsabile per la politica estera dell’Unione Europa Catherine Ashton a Ginevra il 20. Il giorno dopo si uniranno al negoziato i rappresentanti delle superpotenze e vedranno se sarà possibile un compromesso per congelare almeno per sei mesi il piano di Teheran. Dunque, in questa cornice, qualsiasi gesto arrivi dall’Iran riveste un certo peso. «Per la prima volta dopo molti anni non c’è alcun progresso significativo nell’arricchimento dell’uranio e nessun avanzamento nei lavori nell’impianto di Arak», ha sottolineato Mark Fitzpatrick, esperto di non proliferazione all’Istituto di studi strategici di Londra.
Con in mano questa carta, i collaboratori di Barack Obama possono chiedere al Congresso statunitense di non varare le nuove sanzioni contro i mullah. I parlamentari appaiono indecisi sul da farsi. Uno schieramento robusto sembra pronto ad accogliere le preoccupazioni di Israele sposando la linea dello scetticismo. Però i giochi sono ancora aperti, ci sono congressisti disposti a «vedere» le carte di Rouhani. Per questo ogni passo può aiutare.
Nel rapporto diffuso dall’Aiea si afferma che l’Iran, negli ultimi tre mesi, ha aggiunto quattro centrifughe per l’arricchimento, però si tratta di apparati vecchi e non ha installato invece quelle più moderne che permettono un lavoro veloce. Gli ispettori affermano poi che ad Arak gli impianti non hanno visto alcun ammodernamento. Proprio questo sito è stato al centro del contrasto a Ginevra, con la Francia decisa ad ottenere maggiori «garanzie di sicurezza». Quanti guardano con cautela alle mosse di Teheran aggiungono: il rallentamento è la prova di una scelta politica che però può essere rovesciata rapidamente e favorire la marcia degli ayatollah verso la Bomba.
Ancora più negativo il giudizio del premier israeliano Benjamin Netanyahu. «Il report Aiea mi lascia indifferente — ha affermato ad un convegno —. L’Iran si è fermato perché è già in possesso di tutto quello che serve per arrivare alla costruzione dell’atomica». Poi ha diffuso via Internet una sorta di grafico, con disegni elementari, con il quale spiega il processo seguito da Teheran. «L’Iran ottiene tutto e non concede nulla», è l’avvertimento del premier, «spero che la Francia non ceda».
Guido Olimpio


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