L’Inps chiede indietro sgravi alle imprese e soldi ai pensionati

by Sergio Segio | 3 Novembre 2013 8:29

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Scusate abbiamo sbagliato, ridateci i soldi. L’Inps rivuole indietro tutto e da tutti, dalle piccole imprese come dai pensionati. Ieri Luca Zaia, governatore del Veneto, ha chiesto al presidente del Consiglio Enrico Letta d’intervenire perché l’ente previdenziale starebbe per reclamare dalle Pmi la restituzione degli incentivi per l’assunzione dei disoccupati nel 2012.
Ma lo stesso Istituto sta silenziosamente anche per chiedere indietro a molti prepensionati della pubblica amministrazione («Centinaia», secondo la Cisl) il denaro che ha già versato loro – da 2-300 euro fino a 5 mila a testa – per la riliquidazione dell’indennità integrativa speciale. E perché? Perché la legge è cambiata in senso restrittivo e ha dato torto alla Corte dei conti. Che aveva dato ragione ai pensionati. Chi protesta e intende procedere legalmente «rischia di vedersi addebitare anche le spese», avverte la Cisl: oltre al danno, la beffa. Il 19 novembre ci sarà l’udienza d’appello dell’Inps contro la sentenza che ha disposto l’erogazione del denaro, ma a rappresentare i pensionati non andrà nessuno: i sindacati che li hanno assistiti finora, in testa proprio la Cisl, ritengono la causa persa. «Al di là delle valutazioni sociali, non possiamo fare diversamente – replica l’Inps -. Se c’è una legge che ci consente di recuperare i soldi e non lo facciamo, creiamo un danno all’Erario. Sarebbero perseguibili sia l’Istituto sia i dirigenti». Sempre più caos, insomma, dopo il caso della richiesta di restituire un centesimo a Emilio Casali, un pensionato di Riccione, che il 21 ottobre ha portato alla rimozione del direttore provinciale dell’Inps di Rimini.
Ma come nasce il nuovo caso dei pensionati pubblici? In base alla legge 79/83, nel marzo 2011 la Corte dei conti (sentenza 280/11, Sezione Lombardia) riconosce il diritto agli incrementi dell’indennità integrativa speciale Inpdap, sulla base del suo intero importo, a chi è andato in pensione anticipata fra il 1983 e il 1994, al compimento dei 65 anni. La sentenza è esecutiva: i pensionati incassano. Ma in luglio la Finanziaria (governo Berlusconi) cambia la legge, dandone interpretazione autentica (decreto 98): contrordine, gli incrementi vanno calcolati sul periodo fino al quale il lavoratore va in pensione, non al compimento dei 65 anni. Perciò l’Inps ora si appella per riavere il denaro. Per i sindacati è persino inutile presentarsi. «Non ci sono i presupposti per la vittoria – dice Stefano De Iacobis, Fnp Cisl – Ma non si dica che non rappresentiamo i pensionati. È l’Inps che ha chiesto l’interpretazione autentica della legge perché non riusciva più a pagare tutti”. Illegittimità costituzionale? Difficile provarlo, l’interpretazione autentica è a efficacia retroattiva. L’ex maestra dell’hinterland milanese A. M. non credeva ai suoi occhi due anni fa, quando l’Inpdap le scrisse: «Sarà emesso in suo favore un arretrato di 1.002,23 euro in applicazione della sentenza 280/2011/C». Aveva ragione, era uno scherzo.
Alessandra Puato

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