Linea dura su eurobond e debito Berlino, la Spd si piega alla Merkel

by Sergio Segio | 18 Novembre 2013 6:47

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BERLINO — Cresce la tensione politica nella prima potenza europea. Una scelta contro gli eurobond auspicati da Parigi, Roma e Madrid sembra concordata come conditio sine qua non della nascita di una grosse Koalition. In cambio del sì alla linea dura di Angela Merkel in politica europea, la Spd ottiene il salario minimo e la doppia cittadinanza per i migranti. Ma i prossimi giorni di trattativa saranno difficilissimi: dal 12 al 16 dicembre, quando l’accordo di coalizione sarà pronto, si terrà la consultazione interna nel Partito socialdemocratico. Un “no” della base alle larghe intese con la Cancelliera getterebbe la Germania e l’Europa intera nell’incertezza d’un vuoto di potere a Berlino. Le tensioni si esprimono anche in nuovi, duri attacchi a Mario Draghi: con la sua politica di tassi bassi, scrivevano ieri unanimi i maggiori media – da Welt am Sonntag alla Frankfurter – il governatore della Banca centrale europea manda in rovina le speranze di guadagno dei risparmiatori tedeschi.
Atmosfera pesante a Berlino ma anche tra Berlino e l’Europa.
L’accordo bipartisan sul no agli eurobond è stato annunciato dal capogruppo parlamentare democristiano, Volker Kauder, in un’intervista a Bild am Sonntag.
«Nella politica europea è stato già chiarito al tavolo che la Cancelliera potrà proseguire la sua politica. Cioè niente eurobond, niente messa in comune dei debiti sovrani dei singoli Stati membri dell’eurozona».
È una concessione di prima importanza, scelta ignorando i partiti amici di sinistra europei, quella che la Spd dà ad Angela Merkel. Ma con la base in rivolta dopo il pessimo risultato elettorale del 22 settembre, il leader socialdemocratico Sigmar Gabriel vede la priorità in successi nella politica sociale e interna e nell’integrazione dei migranti. Verrà dunque il salario minimo garantito di 8,50 euro l’ora, e verrà il diritto alla doppia cittadinanza. «Io non firmerò un accordo di governo in cui non siano scritti questi punti», aveva detto Gabriel nel suo discorso di chiusura del congresso Spd a Lipsia. Merkel ha subito colto la palla al balzo accettando. In cambio del no agli eurobond, appunto. La scelta del vertice Spd contraddice le richieste del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz, per «una Germania forte che aiuti i deboli a rafforzarsi».
Difficoltà di negoziato e rischi di un suo fallimento comunque restano da non sottovalutare. La Cdu-Csu è irritata dal segnale del congresso di Lipsia alla Linke (sinistra radicale), di accordi possibili dalle prossime elezioni politiche (2017), lo sdoganamento dei postcomunisti definito «una bomba a orologeria » da Der Spiegel.
Nel vertice Spd, intanto, cresce il timore di un no dei militanti alla grosse Koalition. «Temo molto che il vertice concluda un accordo con Merkel e la base poi lo sconfessi », dice alla Frankfurter Michael Roth, leader socialdemocratico in Assia. Per Hans-Peter Bartels, capo del partito a Kiel, il referendum tra militanti sul sì o no alle larghe intese «è un potenziale karakiri: se vince il no sarebbe pericoloso non solo per il partito ma per il Paese». Negoziati tra Merkel e i Verdi, o nuove elezioni sarebbero un rischio per l’Europa intera. Anche su questo sfondo, aumenta l’ostilità contro la politica di Draghi. Tra lui e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, il gelo è secondo gli osservatori a un punto di non ritorno.

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