L’Imbarazzo del governo e il partito delle urne

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Si concluda o no con le dimissioni della Guardasigilli, ipotesi a oggi improbabile, è diventata il pretesto per una serie di manovre: alcune evidenti, altre ancora velate. Quelle evidenti riguardano un Movimento 5 Stelle che ritiene di avere trovato l’ultimo anello debole per tentare di spezzare le «larghe intese».

Ma c’è anche un centrodestra che punta a essere solidale con la Cancellieri pensando, in realtà, a Silvio Berlusconi. Schierarsi dalla parte del ministro dovrebbe servire ad accomunare nel ruolo di vittime della magistratura sia la Guardasigilli che l’ex premier, con un accostamento un po’ spericolato; e implicitamente a sottolineare ancora la forzatura compiuta dalla commissione senatoriale che ha deciso la decadenza di Berlusconi a scrutinio palese. In un Pd diviso, invece, l’ammonimento a non minimizzare venuto ieri dal responsabile Giustizia del partito, Danilo Leva, riflette le spaccature interne legate alle vicende congressuali.
La giustizia è uno dei temi sui quali ci si divide anche a sinistra. Quando il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, parlò di amnistia affidando il compito di realizzarla alla Cancellieri, uno dei critici più plateali dell’iniziativa fu il candidato favorito per la segreteria, Matteo Renzi. Si conferma dunque il timore di alcuni settori dei Democratici di entrare in rotta di collisione con le falangi di Beppe Grillo, leste a chiedere le dimissioni del ministro. Per quanti vogliono vedere archiviate le «larghe intese», l’incidente è un’occasione in più per additare la fragilità anche istituzionale della coalizione che sostiene il governo.
Il solo fatto che il centrodestra difenda la Cancellieri sembra, per il grosso del Pd, una buona ragione per indurire il proprio atteggiamento. Nel comunicato diramato ieri sera da Palazzo Chigi si intuisce l’imbarazzo del premier per un episodio che aumenta le difficoltà della maggioranza. Negando che possano rimanere «zone d’ombra» e dicendosi sicuro che il ministro «fugherà ogni dubbio», il presidente del Consiglio difende implicitamente la Guardasigilli; e in parallelo cerca di bilanciare le spinte contrastanti che si scaricano su di lei. Non si è visto, tuttavia, un governo pronto a far quadrato per proteggerla. La Cancellieri ha reagito ricordando di essere intervenuta in altri casi nei quali problemi di salute dei detenuti suggerivano un atteggiamento umanitario. E il procuratore capo di Torino, Gianfranco Caselli, ha negato qualunque ingerenza, confermando la sua versione.
Ma è chiaro che tutto è stato complicato dall’amicizia di antica data fra ministro della Giustizia e famiglia Ligresti; e soprattutto dalla pressione che spezzoni della maggioranza e opposizioni stanno esercitando per provocare la caduta del governo, o almeno per indebolirlo ulteriormente. L’obiettivo minimo è questo, per chi si prepara alle ultime, disperate manovre per indurre Napolitano a chiudere la legislatura nel 2014. Non è un mistero: un passo indietro della Cancellieri significherebbe la crisi di un esecutivo troppo debole, oggi, per poterla sostituire. E sarebbe un colpo al Quirinale, che le ha affidato una riforma della giustizia sgradita a settori della destra e della sinistra, oltre che della stessa magistratura.
Nei prossimi due mesi si gioca la proiezione del governo non nel 2014 ma nel 2015; e la possibilità residua di approvare qualche riforma. Davanti a questa prospettiva, si va delineando un fronte ampio, sebbene indebolito dall’enormità dell’azzardo, che punta alle urne entro pochi mesi; e che forse si illude di esasperare Napolitano e di indurlo ad abbandonare il campo a neanche un anno dall’inizio del suo secondo settennato. Sullo sfondo degli attacchi alla Cancellieri, qualcuno arriva a indovinare perfino un assaggio della futura competizione per il Quirinale. Ma è uno scenario remoto, sebbene ci sia chi farebbe di tutto per anticiparlo: se non altro perché significherebbe che il sistema è al collasso.
Massimo Franco


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