Le tappe del negoziato dal 2004 fino a oggi
Era il 2004 quando l’accordo sul nucleare iraniano sembrava a portata di mano. L’allora capo negoziatore Hassan Rohani aveva assicurato la sospensione provvisoria della conversione e dell’arricchimento dell’uranio, nonché della produzione di componenti per centrifughe. Allora come oggi, l’accordo appariva molto fragile e con poche garanzie. Anzi la sospensione temporanea, in attesa di un’intesa definitiva, rivelava ampi margini disponibili per la trattativa. Il fallimento dei colloqui del 2004, lo stallo voluto dalla presidenza Ahmadinejad e l’insistenza della richiesta iraniana di continuare con un programma nucleare a scopo civile chiarivano l’uso prima di tutto strumentale, da parte della leadership della Repubblica islamica, della questione nucleare per intercettare e compattare l’opposizione interna. In secondo luogo, il diritto al nucleare civile ha acquisito in Iran una funzione identitaria per cementare il ruolo di Tehran in Medio oriente in funzione anti-americana e anti-israeliana. Infine, ha assunto una connotazione strategico-militare che ha favorito la militarizzazione della società iraniana, mentre i più brillanti ingegneri del paese venivano eliminati uno ad uno da attacchi israeliani mirati, consentendo la fabbricazione di un deterrente credibile contro l’accerchiamento di Tehran, determinato dai conflitti in Iraq e Afghanistan. Tanto è vero che tra il 2003 e il 2009, sulla necessità di proseguire nelle attività di arricchimento dell’uranio, non si sono levate rilevanti voci fuori dal coro in Iran, neppure da parte dei politici riformisti. La critica alla politica del muro contro muro è arrivata solo con l’inasprimento delle sanzioni internazionali, i cui effetti hanno colpito direttamente la popolazione civile più che i grandi capitalisti e i leader religiosi. Sul contenzioso nucleare si gioca ora la tenuta del sistema post-rivoluzionario. Per questo, non stupisce che l’alleggerimento delle sanzioni fosse il primo dei punti del programma elettorale dei tecnocrati di Rohani alle elezioni presidenziali del 2013.
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