Lavoratori in sciopero. Manovra da cambiare
Se si trattasse di un componimento scolastico, il giudizio assegnato dall’insegnante probabilmente sarebbe: «Insufficiente perché fuori tema». Trattandosi invece della manovra di bilancio per il 2014, la stroncatura dei sindacati è più articolata. Ma la sostanza non cambia. Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per questa settimana una mobilitazione vasta e diffusa su tutto il territorio nazionale contro la legge di Stabilità presentata dal governo proprio perché manca di adeguate risposte alle tre priorità da tempo delineate dalle confederazioni: la diminuzione del carico fiscale sul lavoro, il recupero di risorse dalle rendite e dai patrimoni, il taglio degli sprechi nella spesa pubblica.
La presentazione di oltre 3mila emendamenti da parte dei diversi partiti che dai prossimi giorni inizieranno il loro iter parlamentare per arrivare al voto in aula tra il 18 e il 20 novembre rende ancora fluidi i contenuti definitivi della legge. Ma lo sciopero unitario di 4 ore, in alcuni casi anche di 8 ore, indetto dalle organizzazioni sindacali muove soprattutto da quello che nel documento non c’è: quella «svolta nella politica economica necessaria al Paese per uscire dalla recessione e tornare a crescere», ovvero «una significativa riduzione delle tasse a lavoratori, pensionati ed imprese che investono».
La misura a cui l’esecutivo di Enrico Letta affida il compito di soddisfare questa richiesta, infatti, è il taglio del cuneo fiscale, ossia di quella parte del salario che i lavoratori non vedono nemmeno perché finisce direttamente nelle casse dello Stato. Ma le scarse ri-
sorse disponibili pari a 1,5 miliardi di euro per il 2014 vanificano in gran parte lo sgravio che, applicato a tutte le buste paga sotto i 55mila euro annui come prevede il testo, si ridurrebbe a un’aggiunta in busta paga di nemmeno 15 euro mensili. Troppo pochi per sperare di ridare fiato e potere d’acquisto alle famiglie italiane tartassate dalla crisi. Non a caso si sprecano le proposte di modifica, dal quella del Pd per restringere la platea dei beneficiari a chi guadagna fino a 28mila euro annui ed erogare i 200 euro di risparmio in un’unica soluzione, a quella provocatoria del ministro Enrico Giovannini per rimandare il taglio del cuneo fiscale e destinare le risorse ai fondi per la povertà e la non autosufficienza. «Se 1,5 miliardi sono troppo pochi» per tagliare sensibilmente le tasse sul lavoro, ha affermato il responsabile del Welfare, «allora mettiamoli su chi è veramente in uno stato di grave contrazione economica».
Ma la coperta rischia di dimostrarsi sempre troppo corta, visto che questi stessi soldi per la precisione un miliardo di euro potrebbero essere invece usati per un altro capitolo di spesa relativo al lavoro, quello della detassazione del salario di produttività, che pure i sindacati volevano in aggiunta agli interventi sul cuneo ed estesa anche ai lavoratori pubblici. La delusione delle confederazioni è grande anche per quel che riguarda la pubblica amministrazione, che dovrebbe essere oggetto di una profonda riforma che riporti efficienza nella spesa pubblica. L’urgenza, per ora, è «dare certezza alla stabilizzazione dei precari» e prorogare nel frattempo i contratti in scadenza.
IL NODO DELLE COPERTURE
Di natura esclusivamente finanziaria, poi, sono le altre due ragioni di contrarietà dei sindacati alla legge di Stabilità: gli ammortizzatori sociali e gli esodati, emergenze sociali a cui la manovra non destina risorse sufficienti. Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, che da mesi ormai le Regioni non sono più in grado di pagare, il governo ha promesso 330 milioni di euro. Ma questi soldi, che pure non coprirebbero tutto il fabbisogno, non sono stati ancora stanziati. Stesso discorso valido per i lavoratori esodati che dovrebbero essere esentati dalla riforma Fornero per andare in pensione: la manovra ne garantisce altri 6mila, ma molte altre migliaia restano ancora senza tutela. Certo, «non ci sono risorse», dice il governo. Ma è una «risposta inaccettabile» per chi ha assistito a mesi di polemiche e a miliardi di euro di stanziamenti per cancellare l’Imu.
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