La Svizzera salva i top manager Niente tetto ai super stipendi

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MILANO — I maligni adesso immagineranno il signor Severin Schwan, amministratore delegato della multinazionale farmaceutica Roche, intento a stappare champagne per festeggiare il salvataggio del suo compenso annuo di 15,8 milioni di franchi (oltre 12 milioni di euro): i i suoi concittadini svizzeri, infatti, ieri hanno bocciato il referendum che voleva stabilire il tetto massimo degli stipendi per banchieri e top manager non oltre 12 volte il salario di un dipendente.
Herr Schwan percepisce oggi quanto 261 suoi sottoposti e così i suoi colleghi di Nestlé, Ubs e di altri colossi dell’economia elvetica: il popolo ha stabilito che quei maxi bonus non devono essere toccati o perlomeno che non spetta allo Stato metterci il becco.
La bocciatura della proposta, avanzata da partito Socialista, Verdi e sindacati era nell’aria, stupisce piuttosto la valanga di no sotto cui è finita sepolta: alle 16 di ieri le urne hanno decretato che il 65,3% dei votanti è favorevole a mantenere gli stipendi d’oro dei manager. L’affluenza alle urne è stata del 53,6%, un dato che, in un Paese dove i cittadini sono chiamati più volte all’anno ad esprimersi, è stato nettamente superiore alla media di tutti i referendum degli ultimi cinque anni(44%): segno che il tema ha mobilitato l’opinione pubblica quant’altri mai.
Il vento anticasta, lo spirito grillino che in Italia ha messo nel mirino i privilegi dei big dell’economia, non soffia insomma a nord di Chiasso; semmai vale la pena sottolineare una curiosità: il referendum sui salari equi e solidali ha ottenuto in tutta la Svizzera responso quasi uniforme, con significative punte del 68% di no a Zurigo e del 70 a Lucerna. Solo nel Canton Ticino i sì hanno sfiorato l’affermazione arrivando al 49%.
Il governo aveva espresso parere contrario alla proposta e ieri il più soddisfatto appariva il ministro del Lavoro, Johan Schneider-Amman: «In questo modo resteremo un mercato economico e finanziario attrattivo per gli investitori: il popolo ha dimostrato di tenere a una libera trattativa tra le parti nel mercato del lavoro». Il rischio paventato da più parti infatti era che la limitazione dei compensi per legge avrebbe fatto fuggire dalla Confederazione le multinazionali. Il ministro si è augurato che tale principio liberale venga ribadito anche tra qualche mese, quando la Confederazione andrà alle urne per un altro referendum in materia di lavoro, l’introduzione per legge di un salario minimo di 4mila franchi.
Nonostante la cocente sconfitta i promotori della consultazione hanno annunciato di non voler demordere: «Il sistema economico dei salari a sette cifre e della speculazione finanziaria non ha avvenire. Promettiamo tutto il nostro impegno a favori di un’economia più giusta, più democratica e più libera» ha proclamato all’agenzia Swissinfo il presidente della Gioventù Socialista elvetica David Roth.
Claudio Del Frate


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