La Pussy Riot e il filosofo lettere dal carcere di Putin “Il capitalismo ci fa schiavi”

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MOSCA — «Caro Slavoj, ricordati che io scrivo da un carcere di un paese dove vige un sistema feudale». Nadia Tolokonnikova, la più colta, la più ribelle, e di fatto la leader naturale delle Pussy Riot, chiudeva così l’ultima lettera a una star della cultura mondiale, il filosofo e psicanalista sloveno Slavoj Zizek. Era il 13 luglio e Nadia era ancora ospite della colonia femminile IK 14 della paludosa Mordovia dove scontava insieme alla sua compagna Maria Aljokhina una condanna a due anni per aver osato cantare sull’altare della cattedrale di Mosca una canzoncina anti-Putin. A settembre, dopo la sua ennesima protesta contro i sistemi di detenzione e dopo uno sciopero della fame che l’ha ridotta in precarie condizioni di salute, è letteralmente scomparsa. Per quasi un mese le autorità penitenziarie
hanno negato di sapere dove fosse finita, impedito ogni corrispondenza, vietate le visite del marito e perfino degli avvocati. Nadia è riapparsa solo l’8 novembre, il giorno dopo il suo ventiquattresimo compleanno, nel carcere punitivo di Nizhnij Igash nella Siberia centrale. Questo almeno a leggere i documenti ufficiali che confermano il trasferimento “per motivi di ordine disciplinare”. Potrà riprendere la corrispondenza tra Nadia e il professore? Gli avvocati non ci sperano molto. Lei la considera fondamentale. Studentessa di filosofia, cerca nella lettura un senso alla sua posizione di ribelle contro un sistema troppo più forte di lei: «Non si preoccupi di raccontarmi le sue teorie mentre io sto vivendo concretamente la sofferenza. Proprio nelle sue teorie io cerco una strada per crescere ancora».
(n.l.)

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Spero che in prigione tu riesca a leggere   

CARA Nadezhda, spero che in carcere tu sia riuscita ad organizzare la tua vita attorno a dei piccoli rituali che la rendano tollerabile, e che abbia tempo per leggere. Riporto qui di seguito ciò che penso riguardo alla tua difficile situazione. A proposito dei radicali, il saggista politico americano John Jay Chapman scrisse nel 1900 che “in realtà dicono sempre la stessa cosa. Non cambiano: tutti gli altri cambiano. Vengono accusati delle colpe più improbabili: di egoismo e smania di potere, di indifferenza nei confronti delle sorti della loro causa, di fanatismo, di banalità, di mancanza di senso dell’umorismo e di irriverenza. In realtà, però, toccano un tasto sensibile. Ed è a questo che si deve il grande potere dei radicali più tenaci. All’apparenza nessuno li segue, e tuttavia tutti hanno fiducia in loro”. Non è forse un’accurata descrizione dell’effetto prodotto dalle esibizioni delle Pussy Riot? Sembra che le gente non vi segua, ma sotto sotto credono in voi.
Dalla crisi del 2008 nei Paesi occidentali questa sfiducia nella democrazia ha iniziato a prendere piede. E se fosse giustificata? Nell’Europa occidentale le élite al potere sanno sempre meno come governare. Basti vedere in che modo l’Europa sta affrontando il problema della Grecia. Non c’è da sorprendersi dunque se le Pussy Riot provocano in tutti noi un senso di disagio: voi non fingete di avere delle risposte rapide o facili, e ci dite che nemmeno chi è al potere ne ha. Ecco perché la vostra tenacia è così importante. Hegel scrisse che aver visto Napoleone a Jena era stato come vedere lo Spirito del Mondo a cavallo. Analogamente, voi non siete altro che la nostra consapevolezza critica, rinchiusa in carcere.
Slavoj Zizek 2 gennaio 2013

Caro Slavoj, nell’autunno del 2012, quando ancora ero in attesa di processo e mi trovavo in carcere a Mosca insieme ad altri attivisti delle Pussy Riot, ti feci visita. In sogno, naturalmente. Capisco ciò dici riguardo ai cavalli, allo Spirito del Mondo, alla dabbenaggine e alla mancanza di rispetto. Le Pussy Riot hanno dimostrato in effetti di appartenere a una forza che ha come obiettivo la critica, la creatività, la co-creazione, la sperimentazione e la realizzazione di iniziative immancabilmente provocatorie. Prendendo a prestito la definizione di Nietzsche, siamo figlie di Dioniso che navigano all’interno di una botte senza riconoscere alcuna autorità. Siamo i ribelli che invocano la tempesta, e crediamo che la verità possa essere trovata solo in una ricerca senza fine. Se lo “Spirito del Mondo” ti sfiora, non aspettarti che il suo tocco sia indolore. Nella vita di coloro che come bambini credono al trionfo della verità sulle menzogne, al momento giusto accadrà sempre un miracolo.
Nadezda Tolokonnikov 23 febbraio 2013

Quei maghi della finanza che stanno sbagliando tutto
Cara Nadezhda, fai bene a mettere in dubbio l’idea che gli “esperti” vicini al potere siano in grado di prendere delle decisioni. Gli esperti sono, per definizione, servi di chi è al potere: non pensano davvero, ma si limitano ad applicare la propria conoscenza ai problemi indicati da coloro che sono al potere (come fare per ripristinare la stabilità? Come sedare delle proteste?). I capitalisti di oggi, i cosiddetti “maghi della finanza”, sono realmente degli esperti? O sono semplicemente dei ragazzini sciocchi che giocano con il nostro denaro e il nostro destino? Il filosofo deleuziano Brian Massumi afferma che il capitalismo ha già superato la logica della normalità totalizzante
per adottare quella dell’eccesso imprevedibile: “Più è vario, addirittura imprevedibile, e meglio è. La normalità comincia a perdere d’influenza. Le regolarità si allentano. Questo allentarsi della normalità si iscrive nella dinamica del capitalismo”.
Slavoj Zizek 4 aprile 2013

Sono una che accetta le sfide questa esperienza mi fa crescere
Caro Slavoj, il capitalismo moderno ha davvero soppiantato la logica delle norme totalizzanti? O piuttosto è intenzionato a farci credere di aver superato la logica delle strutture gerarchiche e della normalizzazione? Il capitalismo moderno deve dimostrarsi flessibile, addirittura eccentrico. Tutto mira a colpire le emozioni del consumatore. Il capitalismo moderno cerca di convincerci di essere mosso da principi di libera creatività, di sviluppo infinito e infinita
varietà. Sorvola sul suo altro aspetto, in modo da occultare il fatto che milioni di persone sono ridotte in schiavitù da una legge di produzione onnipotente e incredibilmente stabile. Noi intendiamo smascherare questa menzogna.
Non dovresti preoccupati di esporre delle montature teoriche mentre io “sopporto delle vere avversità”. Apprezzo le sfide. Sono genuinamente curiosa: come affronterò questa situazione? E come posso trasformarla in un’esperienza produttiva per me e le mie compagne? Trovo spunti di ispirazione; contribuisce alla mia crescita personale.
Nadezda Tolokonnikov 16 aprile 2013

La protesta in tutta Europa che i leader non hanno capito
Cara Nadezhda, sono le folli dinamiche del capitalismo globale a rendere così difficile e frustrante l’opporre a
questo una resistenza efficace. Pensa alla grande ondata di proteste che nel 2001 si diffusero in Europa, dalla Grecia alla Spagna, a Londra, a Parigi. Benché fossero prive di una piattaforma politica comune, la miseria e lo scontento dei dimostranti si trasformarono in un grande atto di mobilitazione collettiva. Eppure quelle proteste non furono che un gesto puramente negativo di rifiuto e una richiesta altrettanto astratta di giustizia, e non riuscirono a tradurre tale richiesta in un programma politico concreto.
Cosa si può fare in una situazione in cui le manifestazioni, le proteste e persino le elezioni democratiche non producono alcun effetto? Le esibizioni delle Pussy Riot non possono essere ridotte a delle semplici provocazioni sovversive. Dietro alle dinamiche delle loro iniziative vi è la stabilità di una ferma posizione etica e politica. Dimostra a migliaia di persone che il cinismo opportunistico non è l’unica opzione, e che esiste ancora una causa comune per la quale valga la pena combattere.
Slavoj Zizek 10 giugno 2013

La mia rabbia verso lo “zar” ma il tempo ci darà ragione
Caro Slavoj, nella mia ultima lettera, non solo non ho spiegato con sufficiente chiarezza le diverse modalità con cui il “capitalismo globale” agisce in Europa e negli Usa, da un lato, e in Russia dall’altro. Tuttavia, alcuni eventi recenti in Russia – il processo ad Alexei Navalny, l’approvazione di leggi anticostituzionali che limitano la libertà – mi hanno fatto infuriare. L’ultima volta che ho provato una rabbia simile fu nel 2011, quando Putin dichiarò che si sarebbe candidato alla presidenza per un terzo mandato. La mia rabbia e la determinazione portarono alla nascita delle Pussy Riot. Cosa succederà adesso? Lo dirà il tempo.
I governi dell’Europa e degli Usa collaborano come se nulla fosse con la Russia, malgrado questa imponga delle leggi medievali e arresti i politici dell’opposizione. Se le nazioni che importano petrolio e gas dalla Russia avessero smesso di acquistarne, dimostrando così il coraggio delle proprie convinzioni, avrebbero assestato un durissimo colpo alla Russia di Putin, dipendente com’è dalle materie prime. Anche il boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Sochi del 2014 sarebbe un gesto etico.
Eppure eccomi qui, in carcere, a scontare una condanna, mentre i dieci individui che controllano i principali settori dell’economia sono i più stretti amici di Putin. Con alcuni di loro ha condiviso gli studi, con altri lo sport, altri ancora sono ex colleghi del Kgb. Non è forse questo un sistema sociale che si è boccato? Non è forse un sistema feudale?
Nadezda Tolokonnikov 13 luglio 2103
(Traduzione Marzia Porta)

 


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