In Europa partono i contratti bilaterali tra Bruxelles e i Paesi

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BRUXELLES — Abbiamo un appuntamento con il notaio Europa. E non c’è molto tempo, per preparare le carte da bollo. Il 19-20 dicembre si riunisce il Consiglio europeo, il vertice dei 28 capi di Stato e di governo della Ue: in quelle ore, il notaio di Bruxelles metterà sul tavolo gli «accordi contrattuali», bozze dei contratti bilaterali fra Ue e singoli Stati che dovrebbero «rafforzare ulteriormente il coordinamento delle politiche economiche». Cioè offrire a questo o quel Paese un consiglio (monito) sul deficit o il debito pubblico, un possibile aiuto economico sotto forma di prestito, e insieme — o soprattutto — uno stretto controllo su tutte le sue politiche di bilancio. I controlli Ue già in vigore resteranno. Ma in più, ci sarà appunto il notaio «supplementare», quasi la richiesta di una parola d’onore.
Non sarà forse il commissariamento che certi governi temono. Ma un’ulteriore cessione di sovranità, sì. Perché ogni contratto sarà sottoposto, secondo le prime anticipazioni, al «regolare monitoraggio» della Commissione europea, che a sua volta riferirà all’Europarlamento e dovrà avere l’approvazione finale del Consiglio: in varie capitali, nelle diverse cabine governative di pilotaggio, siederanno anche i tre timonieri delle istituzioni europee. Che piaccia o no, Bruxelles avrà una sempre maggiore supervisione sui governi. Una supervisione che riguarderà non i Paesi più in crisi e già sottoposti a sanzioni come la Grecia, che saranno esclusi dal nuovo corso, ma quelli di media virtù, per così dire: per esempio la Francia, per esempio l’Italia. Ognuno ha le sue richieste, le sue condizioni, ognuno spera in un prestito senza però le bastonate. E un contratto, per sua natura, è uno strumento flessibile: perciò una trattativa serrata con Bruxelles è in corso da tempo, e continuerà in questi 25 giorni.
Sono bozze pesanti, quelle dei contratti, non volantini. Dove ogni virgola conterà. Per esempio, quel «rafforzare ulteriormente il coordinamento»: cioè rafforzarlo più di quanto già non facciano i Trattati europei; o di quanto impongano, alle nazioni più in difficoltà, Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale, riunite nella commissione mista della Trojka. «Rafforzare» quello che dovrebbe essere rafforzato già dai vincoli sul deficit ancorato al 3% del Pil, o sulla riduzione del debito pubblico, sui dogmi dei vari «two pack» e «six pack». Che cosa può esserci di più? Appunto un contratto «privato», legalmente cogente, in cui le parti devono dimostrarsi reciproca affidabilità, e che per sua natura ha esito incerto, che può garantire un sostegno a chi zoppica ma anche assestargli una pedata se sbanda. Una scommessa senza rete. Ma preferibile alla griglia della Trojka. Circolano indiscrezioni di ogni genere sulle bozze allo studio: ma secondo qualificate fonti di Bruxelles, «sono solo idee da discutere, non è confermato niente». Però qualcosa trapela lo stesso: i contratti potranno essere «accordi politicamente cogenti fra gli Stati, il Consiglio e la Commissione», e se vi sarà un aiuto finanziario «dovranno avere valore legale». Non solo: gli «esborsi» saranno condizionati al mantenimento degli impegni. Su ogni accordo, dovrebbero poi essere consultati «i Parlamenti nazionali», e comunque rispettate le norme «e le tradizionali nazionali». Forse un modo per tenere a bada quei nuovi timonieri che stanno per arrivare nelle cabine di pilotaggio.
Luigi Offeddu


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