I sottosegretari azzurri al bivio Ora il partito frena sulle dimissioni

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ROMA — «Il sottosegretario non può parlare». È in silenzio stampa? «No, è completamente afono». Sta scherzando, vero? «No, è tutto il giorno che parliamo solo a gesti»… La conversazione telefonica con il portavoce di Gianfranco Micciché racconta il clima surreale che si è creato attorno agli esponenti di governo vicini a Berlusconi. Enrico Letta ha chiesto loro di scollarsi dalle rispettive poltrone, ma i cinque sottosegretari e l’unico viceministro procedono in ordine sparso. A Palazzo Chigi stanno perdendo la pazienza: «Se non si dimettono il premier dovrà togliere loro le deleghe e poi, se serve, anche il mandato». E l’entourage del ministro Dario Franceschini chiarisce il concetto: «Se non se ne vanno gli faremo terra bruciata intorno».
Angelino Alfano si è stufato di aspettare e attacca: «Mi risulta che nessuno dei viceministri, dei sottosegretari o dei presidenti di commissione di Fi abbia rassegnato le dimissioni». Un giallo, tanto che Roberto Formigoni si scatena su Twitter: «Cugini, chi sono i poltronisti?». Micciché è stato il primo a far sapere di aver firmato la lettera di dimissioni, peccato che a Palazzo Chigi nessuno le abbia ricevute. Anche Jole Santelli ha le valigie (quasi) pronte. «Sono fuori Roma per seri problemi di famiglia e del governo non me ne frega niente — risponde al cellulare la sottosegretaria al Lavoro — Le mie dimissioni le ho già consegnate, in doppia copia». A Letta e Franceschini? «No, a Berlusconi e alla mia segretaria. Ho chiamato Brunetta e gli ho detto: “Renato, che devo fare?”. Lui mi ha risposto: “Tu stai ferma e aspetta”». Dubbi di coscienza? «No, io faccio quello che mi chiede Berlusconi. Due giorni fa gli ho telefonato e mi ha detto “Non ti muovere Jole, ti farò sapere”». In Parlamento gira voce che Denis Verdini, il coordinatore di Forza Italia, abbia chiesto ai membri berlusconiani del governo di non dimettersi fino a nuovo ordine. Il che spiegherebbe lo smarrimento della Santelli e l’afonia di Micciché. Mentre il silenzio di Bruno Archi viene letto come una trattativa in corso, Alfano lo avrebbe convinto a passare con lui.
Tra il Cavaliere e il ministro Maurizio Lupi, Rocco Girlanda ha scelto quest’ultimo. Il sottosegretario ai Trasporti non lascerà l’incarico e aderirà al Nuovo centrodestra di Alfano. Il cambio di casacca non è ancora agli atti, ma gli indizi dicono che lo strappo sia imminente: Girlanda ha rinunciato all’incarico di coordinatore di Forza Italia in Umbria, poi ha postato su Facebook una foto che lo ritrae al suo posto. Didascalia: «Al tavolo tecnico assieme al ministro Lupi…». Girlanda non vede «nessuna incompatibilità» nel permanere dov’è: «L’Italia ha bisogno di un governo». E anche di lui, s’intende. Quanto al trasloco nel Ncd, sta valutando: «Per aderire c’è bisogno di compiere alcuni passaggi». Jole Santelli è incredula: «Rocco va con Alfano? Impossibile… Lui è sottosegretario perché lo ha voluto Verdini».
Walter Ferrazza è sparito dai radar. Pare che il minuscolo Mir che lo ha paracadutato al governo (grazie a Berlusconi) stia per aderire a Forza Italia. E Cosimo Ferri? Lui non molla, e basta. Alla Giustizia è arrivato da tecnico e lì intende restare. «Io vengo dalla magistratura, non sono parlamentare e non ho mai fatto vita di partito» spiega il sottosegretario e assicura che nessuno si è fatto vivo: «Nessuno, né Berlusconi, né Letta, né Alfano… Stanno rispettando il mio ruolo di tecnico». La linea è tirar dritto, «finché sarò utile al Paese». Toccherà a Letta decidere se quello di Ferri è un caso a parte e se potrà restare in via Arenula. Il problema, spiega un dirigente del Pd, è che «gli appetiti sono molti e i partiti scalpitano». Gianluca Susta candida Scelta civica: «Se ci sono posti liberi è giusto che una nostra rappresentanza venga presa in considerazione». Ma prima bisogna che il Pd scelga il nuovo segretario.
Monica Guerzoni


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