I devoti nemici del Papa

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 E, SOPRATTUTTO, dalle molte persone che nel mondo intero grazie al Papa tornano al desiderio di una vita spirituale e riprendono a frequentare le chiese e ad accostarsi ai sacramenti. “Il mondo è innamorato di papa Francesco — ha scritto il cardinale di New York — e se io avessi avuto un dollaro per ogni newyorkese, cattolico e non, che mi ha detto quanto ama l’attuale Santo Padre, avrei pagato il conto salato dei restauri della cattedrale di St. Patrick! Lungo i nostri 2000 anni di storia abbiamo avuto ben pochi papi così degni dell’alto officio”.
Ci sarebbe quindi da essere molto felici di papa Francesco, ma per non pochi cattolici cosiddetti “doc” e per qualche “ateo devoto” in passato solerte difensore di Ratzinger, le cose non stanno affatto così: anzi hanno iniziato a dar vita ad un’esplicita contestazione, punta dell’iceberg di una campagna conservatrice che vede in Bergoglio il simbolo da colpire. Proprio ciò che per il mondo risulta affascinante, per tali cattolici è causa di scandalo, e giungono a descrivere il Papa come il più dozzinale dei populisti. Il primato della coscienza personale, l’apertura alla cultura moderna, la scelta di non insistere su valori cosiddetti non negoziabili di vita-scuola-famiglia, il non volere ingerenze nella vita dei singoli (come quando disse “chi sono io per giudicare?” a proposito dei gay), l’istituzione di una consultazione popolare in tutto il mondo sui temi spinosi della morale familiare, la preferenza verso i poveri e il conseguente riaccredito della teologia della liberazione condannata da Wojtyla e Ratzinger, il parlare della Chiesa come di “un ospedale da campo”, lo stile conciliare permanente auspicato dal cardinal Martini, l’attacco al clericalismo e alla cortigianeria della curia, la condanna di ogni forma di proselitismo, la simpatia verso i media fino a concedere un’intervista al fondatore di questo giornale, lo stile di vita austero che lo porta a rifiutare l’appartamento papale e la villa di Castelgandolfo e a camminare sulle sue scarpe nere portandosi da sé la borsa di lavoro, la preferenza per le piccole autovetture, il chinarsi a lavare i piedi a una donna e per di più musulmana… ecco alcuni elementi che affascinano molti contemporanei e che invece risultano fonte di disappunto per quei cattolici di solito impegnati nella fedeltà “senza se e senza ma” al papa e al papato. Ma non in questo caso.
Tra essi uno dei più moderati è Vittorio Messori che ieri sul Corriere criticava quanto definiva “un mito antico e sempre ricorrente”, cioè il sogno suscitato in molti dall’azione di papa Francesco “di un ritorno alla Chiesa primitiva, tutta povertà, fraternità, semplicità, assenza di strutture gerarchiche, di leggi canoniche”, un sogno che per Messori non è altro che un mito privo di fondamento biblico e storico. La posta in gioco nell’azione di papa Francesco però è, a mio avviso, molto più semplice di tale mito e consiste nel diritto di tutti i battezzati di avere una Chiesa semplicemente normale, di cui ci si possa fidare, una Chiesa dove i vescovi non abbiano residenze lussuosissime e costose auto blu, dove la banca vaticana sia per lo meno al livello etico di un’ordinaria banca italiana, dove il carrierismo e la sporcizia (termini utilizzati da Benedetto XVI) non siano così plateali da condizionare il governo papale, dove le nomine dei vescovi avvengano per effettive qualità umane e pastorali e non per servilismi che promuovono incolori yes-men, dove gli scandali di pedofilia non siano insabbiati e i colpevoli protetti, dove nella curia non volino corvi fino alla scrivania papale a testimonianza di velenose lotte intestine al cui confronto un qualsiasi condominio con tutte le sue beghe diviene un’immagine della concordia paradisiaca, una Chiesa dove gli ordini religiosi non siano guidati da personaggi colpevoli di pedofilia come nei Legionari di Cristo oppure di sequestro di persona e truffa come nei Camilliani, eccetera, eccetera.
Questa è la posta in gioco dell’azione papale: non il mito della Chiesa primitiva, ma la realtà della Chiesa attuale, perché possa tornare a essere una Chiesa normale, pulita, affidabile, degna della fiducia dei genitori di mandare all’oratorio i loro figli e di tutti i credenti di affidare le loro risorse per soccorrere i bisognosi. Ne viene che il Papa che oggi governa la Chiesa è, come dice il Vangelo, “un segno di contraddizione”, nel senso che è destinato a manifestare la vera natura di chi si dice credente, se cioè è tale per amore della Chiesa oppure per amore del mondo. Nel primo caso la religione è una delle tante ideologie tese alla conquista del potere, nel secondo è il segnale di un modo nuovo e rivoluzionario di stare al mondo e trasmette l’aria fresca del Vangelo.


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