Ho paura di uscire dal carcere

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Il carcere di Enna, tra i tanti che ho girato, mi ha ridato speranza e fiducia nella vita. Da qualche mese lavoro, con quello che qua dentro chiamano art. 21, pulendo le stanze dell’amministrazione e della direzione. Dopo anni di diffidenza la fiducia che mi è stata data, sia dalla direttrice del carcere che dal capo dell’area educativa, mi hanno ridato forza. La mia vita non è stata facile. Sono stato abbandonato da piccolo e ho trascorso l’infanzia in istituto. Ho lavorato, per un periodo ho avuto anche una piccola ditta e vivevo con una ragazza di Bergamo con la quale sognavo un futuro migliore. Purtroppo quando sbagli una volta è difficile ricominciare. Per noi è tutto più complicato e spesso la strada più facile è quella di tornare a rubare.
Da 19 mesi sono ad Enna. Qui ho trovato degli operatori che mi ascoltano, che mi hanno guardato, per la prima volta, come un essere umano. Ho avuto l’opportunità di frequentare la scuola e un corso professionale di computer, dove ho imparato tanto. Dentro al carcere sono al caldo, ho un pasto, un letto, posso lavarmi. Ma appena fuori? Quando questi cancelli si apriranno mi troverò davanti a un baratro. Non ho un lavoro, una famiglia, non ho né soldi né una casa, niente. Il mio debito con la giustizia l’ho pagato e voglio cambiare vita. Tuttavia vivo nel terrore perché so già che se nessuno mi aiuterà in carcere ci tornerò presto. Si parla di carceri sovraffollati, di disumanità, di disservizi. Io a Enna ho ricominciato a sorridere e vorrei poterlo fare pure fuori, in quella società che oltre che civile dovrebbe essere responsabile, dando realmente corso a quel reinserimento di cui tanto si parla.
Attraverso le pagine di questo giornale vorrei chiedere aiuto, perché la mia vita non voglio sprecarla dentro la cella di un carcere.
Claudio Pomes, carcere di Enna


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