Haiyan, l’uragano mai visto si abbatte sulle Filippine

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BANGKOK — Nessun tifone a memoria d’uomo e dei testi di storia ha mai toccato terra alla velocità di Haiyan, o Yolanda come lo chiamano i filippini. Dall’alba di ieri e per tutto il giorno lungo 600 chilometri, i venti hanno soffiato oltre i 300 km orari con punte di 378 prima dell’impatto con le coste dell’arcipelago, spinti dal riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico come un muro di aria e di acqua che si è abbattuto sulle isole orientali proveniente da sud est.
Quando a notte ha abbandonato le Filippine diretto verso il Vietnam e i mari della Cina del Sud, si è lasciato dietro una scia di devastazioni ancora incalcolabili, anche se l’allarme nazionale diffuso da ogni mezzo di comunicazione ha trovato stavolta gran parte delle popolazioni pronte al peggio (700 mila le persone evacuate) e riparate nei rifugi appositamente allestiti. Di certo, la cifra ufficiale di 4 sole vittime è sottostimata, in attesa del ripristino delle comunicazioni con le zone più colpite, interrotte dalla potenza di Haiyan che ha scardinato alberi secolari, pali elettrici e telefonici, fatto volare tetti, distrutto strade, ponti, porti e costretto a terra centinaia di aerei.
Il mostro è avanzato dal mare incontrando poco prima dell’alba una città di pescatori, Guiuan, 40.000 persone con le quali nessuno ha avuto ancora alcun contatto a 18 ore dall’impatto di proporzioni storiche. «Il vento era così forte e il rumore così spaventoso che sembrava il grido disperato di una donna», ha raccontato un testimone da Catbalogan, una delle città della provincia di Samar che assieme a Leyte, la turistica Cebu e Iloilo sono state tra le più disastrate regioni.
Lungo il percorso l’uragano ha anche attraversato Zamboanga, per abbandonare l’arcipelago dopo l’ultimo avamposto occidentale
dell’incantevole Palawan, patrimonio mondiale dell’Unesco, col suo minaccioso incedere sceso di poco sotto i 200
km orari. Pur sempre una furia inimmaginabile, considerando che il catastrofico ciclone Nargis abbattutosi sulla Birmania nel 2008 viaggiò a 160. Secondo molti scienziati è il segno evidente dei livelli raggiunti dal riscaldamento atmosferico, ma per il momento si può solo dire che nella casistica dei meteorologi, oltre al record assoluto di velocità nell’impatto a terra, Yolanda è anche il quarto ciclone tropicale più violento della storia, accompagnato da piogge torrenziali e mareggiate alte fino a 5 metri, come quelle registrate a Tacloban, ex capitale delle Filippine, capoluogo industriale di 200mila anime della provincia di Leyte e principale città della regione Visayas, la più colpita.
Le drammatiche immagini filmate delle sue strade trasformate in fiumi torrenziali sono state inviate alla ABS-CBN da una troupe tv che subito dopo a interrotto ogni comunicazione. È una delle tante storie ancora non scritte di questo ennesimo disastro naturale che ha messo in ginocchio un arcipelago attraversato di media da 20 tempeste e tifoni ogni anno, come l’ultimo del 2012, soprannominato Bhopa: fece 2000 vittime.


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