Gli Emirati fanno shopping tra comandanti e piloti Alitalia
ROMA — Chi l’ha detto che il nostro settore aereo non interessa a nessuno? Emirates, Qatar, Etihad, perfino la Turkish fanno a gomitate per accaparrarsi un pezzo di aviazione italiana. Ma Alitalia, in quanto compagnia, stavolta non c’entra nulla: i vettori mediorientali si stanno portando via un altro pezzo del Paese. Approfittano della crisi del comparto e tentano con offerte che non si possono rifiutare i piloti tricolori, tra i più richiesti al mondo assieme ad americani e inglesi. Negli ultimi quattro anni su una platea di oltre 3mila professionisti italiani del settore tra comandanti e piloti, molti dei quali col posto a rischio o a caccia di una sistemazione, ne sono già emigrati in 150, pari al 5% del totale, con un’accelerazione nelle ultime settimane. Vengono attirati ad Abu Dhabi o a Dubai dal posto certo e dallo sviluppo della flotta, da retribuzioni da 6.500 dollari al mese netti e da benefit che in Italia un primo pilota (la categoria più ricercata) si sogna: assistenza scolastica per i figli e sanitaria gratuita per tutta la famiglia, oltre all’auto di servizio, bonus a fine anno, la pensione garantita e soprattutto case da sogno pagate per intero, dalla bolletta della luce al condominio.
LA LETTERA DI EMIRATES
Ecco la lettera con cui Emirates invita i piloti stranieri a riempire un apposito form con il proprio curriculum per essere contattati e, eventualmente, assunti
Per non parlare poi degli upgrade di carriera: molti primi piloti aspirano ovviamente a salire al grado di comandanti. E nel Golfo le possibilità sono enormi. Basti pensare che Emirates nelle prossime ore annuncerà l’acquisto di 150 nuovi aerei di lungo raggio, offrendo anche i relativi corsi di pilotaggio e allettando quindi i nuovi entranti con la possibilità di ottenere il prezioso brevetto. E se si considera che per ogni macchina di questo tipo (Airbus 340, 380 o Boeing 777) serve una media di 5 comandanti e 7 copiloti, al netto dei ricambi di velivoli dismessi, occorreranno nei prossimi mesi altri 1.800 piloti.
Ma come vengono reclutate queste braccia e cervelli italiani disposti a trasferirsi negli Emirati? In genere sono le stesse compagnie a fare offerte dirette: inviano lettere nelle quali sono elencate le skills necessarie, le professionalità richieste. Mail e forum specializzati sono i canali preferiti. Alitalia, ad esempio, è una delle (ormai poche) compagnie italiane a subire lo shopping degli arabi. Dall’inizio della crisi di liquidità esplosa prima dell’estate a oggi, il numero dei piloti “volati” negli Emirati aumenta quotidianamente. Nell’ultima settimana sarebbero già in tre ad essersi licenziati per trasferirsi a Dubai. In totale la ex compagnia di bandiera ha visto andare via almeno 70 piloti dal 2009. Ma questa grande fuga riguarda anche gli altri vettori, come Meridiana – dove pesa la Cig – per non parlare delle altre compagnie fallite, chiuse o in gravissima crisi, da Windjet a Air Alps, Air Valée fino ad Air Dolomiti. In totale 150 primi piloti hanno fatto le valigie e si sono trasferiti nel Golfo.
Ora però si corre il rischio di restringerne a livelli di guardia la platea a disposizione del mercato italiano. Marco Veneziani ex pilota con 30 anni di Alitalia alle spalle (oggi è responsabile trasporto aereo della Uil) porterà l’emorragia di piloti sul tavolo del governo la prossima settimana: «L’Italia non può permettersi di perdere professionalità di alto livello come queste – spiega – e ne parleremo al ministro dei Trasporti Lupi che ha finalmente deciso di aprire un ampio negoziato sul trasporto aereo».
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