“Dodici volte la paga dell’operaio” ecco il tetto ai soldi per i manager la Svizzera vota la regola Olivetti

by Sergio Segio | 21 Novembre 2013 9:31

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L’HANNO un po’ ridisegnata, ma eccola lì, la “regola morale” di Adriano Olivetti. Quella, applicata nelle sue aziende, per cui «nessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minimo ». Eccola pronta a volare via dal mondo delle utopie per planare in Svizzera, solida come una legge costituzionale e rivoluzionaria come un sogno di civiltà. Domenica prossima si vota “l’Iniziativa 1:12”: se gli svizzeri diranno sì, in ogni impresa del Paese nessuno potrà guadagnare in un mese più di quanto il meno pagato dei dipendenti guadagna in un anno.
Per i top manager e i dirigenti rischia di essere il knock down, dopo il colpo d’ascia che gli pioverà in capo dal primo gennaio quando entrerà in vigore la legge nata da una consultazione popolare analoga. A marzo è stata infatti approvata una Inziativa (una consultazione propositiva che prevede una modifica costituzionale e un iter più complesso del semplice referendum abrogativo) che attribuisce agli azionisti lo stabilire gli stipendi dei top manager e del Cda. Non potranno più assegnarsi lo stipendio l’un l’altro facendoli gonfiare come palloncini.
Ma stavolta, secondo i sondaggi la strada è impervia. «L’-I-niziativa 1:12 è nata dai giovani socialisti — spiega Rocco Bianchi, giornalista del Corriere del Ticino— ma difficilmente riuscirà a ottenere la doppia maggioranza richiesta: il 50 per cento più uno degli abitanti e almeno 13 cantoni. Ha contro tutti gli ambienti economici. Era perplessa anche la sinistra, hanno chiesto di ammorbidire il coefficiente a 1:18 o a 1:20, o di fare riferimento al salario medio: ma i giovani socialisti sono ventenni e ragionano per
principi, più che per tattica».
La rivoluzione per le grandi aziende sarebbe drastica. Il rapporto attuale è un pugno nello stomaco: «Uno a 266 in Novartis, 1 a 215 per Nestlé, 1 a 213 per La Roche, 1 a 208 per Abb». «Con quali giustificazioni possono essere pagati salari milionari come quelli di certi manager? Secondo i dati del Consiglio federale — ha detto al Giornale del Popolo Marina Carobbio Guscetti del Ps spiegando il sì del suo partito, l’unico ad appoggiare l’Iniziativa tra un muro di “no” — il rapporto medio era 1:6 nel 1948, nel 2011 è aumentato a 1:43. In circa 1300 imprese supera l’1:12». Ma se i giovani socialisti difendono l’Iniziativaaffer-mando che le aziende risparmieranno e potranno reinvestire per crescere e ridurre ristrutturazioni e licenziamenti, per i contrari il “no” ha ragioni economiche e fiscali: non solo «stravolgerebbe radicalmente » la «libera contrattazione tra impresa e sindacati»; ma si teme che le multinazionali ne approfittino per delocalizzare, mentre amministrazioni e governo temono che abbassando gli stipendi «mancheranno ingenti entrate fiscali».
«Le associazioni economiche hanno dato cifre da capogiro », dice ancora Bianchi. «Uno studio dell’Università San Gallo stima perdite per 4 miliardi di franchi l’anno», 3,2 miliardi di euro». Dal testa a testa iniziale i sondaggi sono diventati negativi, gli opinionisti scettici. «Ma se non passasse di misura — continua — la portata simbolica sarebbe immensa e il mondo economico dovrebbe prenderne atto con modifiche importanti, anche se meno radicali». Intanto sono già partite altre due Iniziative ad alto voltaggio: l’introduzione di uno stipendio minimo e del reddito di cittadinanza.

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