Dario Fo: “Il Vaticano censura la mia Franca”
«Non ci si può credere, io e Franca ancora censurati dal Vaticano come cinquant’anni fa, quando i preti chiudevano i teatri pur di non farci andare nelle sale parrocchiali o come quando la Santa Sede fece denuncia allo Stato Italiano per non far mandare in onda
Mistero Buffo.
È incredibile. Ma qualcuno li fermi, questi prelati, faccia loro ascoltare le parole del Papa che vanno in tutt’altra direzione». Dario Fo è arrabbiato e divertito, stupito e rassegnato: a 87 anni suonati, per il più grande attore e autore italiano, Nobel della letteratura nel ‘97, vedersi chiudere in faccia la porta di un teatro di proprietà del Vaticano è troppo. «Chiaro che il diniego non è di un tirapiedi qualunque — dice — né può essere un cardinale impazzito che si mette a urlare “Basta con questo Fo”. È chiaramente una decisione consapevole».
Di chi, secondo lei?
«Di quale persona fisica non lo so. Il nostro organizzatore Fabrizio Di Giovanni mi ha detto di aver ricevuto una mail dalla Murciano Iniziative che organizza parte dell’attività dell’Auditorium della Conciliazione dove in gennaio avrei dovuto recitare brani del libro di Franca “In fuga dal Senato”. Nella mail si dice che l’amministratore della società di gestione della sala, tale Valerio Toniolo, gli ha riferito che la Santa Sede non ha dato l’autorizzazione a procedere per il nostro spettacolo».
Perché questa censura? Ci sono pagine nel libro di Franca contro la Chiesa?
«Ma no, il libro racconta l’esperienza di Franca senatrice. Non ci sono discorsi legati alla Chiesa, semmai alla politica, al continuo rinvio di leggi importanti per i cittadini, all’indifferenza per l’interesse comune, ai giochini di potere che si consumano nei luoghi dove bisognerebbe governare. Forse questa censura è un regalo che qualcuno in Vaticano ha voluto fare ai politici incavolati per quello che Franca racconta».
Quali politici?
«La destra, sicuramente, dal libro non ne esce bene, ma anche parte della sinistra, come l’allora ministro Livia Turco: liquidò Franca che le chiedeva un intervento per un caso umano disperato ».
Secondo lei dunque è l’intreccio tra Santa Sede e politica italiana?
«Questa è la follia, questo è quello che mi stupisce. Che nella Chiesa ancora si consumino queste trame, mentre dall’altra parte c’è un Papa che sfugge alla consueta politica vaticana, un Papa che sta trasformando culturalmente la Chiesa, che ci dice di non prendere per oro colato le parole del rappresentante di Dio in terra, o che denuncia il denaro come lo sterco del diavolo… Evidentemente in Vaticano, con il Papa che va avanti per la sua strada, c’è chi sta perdendo la testa».
Qualcuno dice che in Vaticano non hanno ancora digerito la serata di Mistero Buffo di due anni fa, con le sue ironia sulla Chiesa ufficiale: all’Auditorium una seconda volta no, pare che abbiano detto.
«Era stato un tale trionfo che lì per lì volevano farci fare la replica. Se ne sono accorti in ritardo, a quanto pare, così stavolta hanno agito preventivamente: bloccare uno spettacolo due mesi prima, non s’era mai visto. È che si sono spaventati vedendo che le prenotazioni dei biglietti fioccavano. Fate in modo che i contadini non sappiano e non conoscano, dicevano i proprietari terrieri siciliani dell’800… ».
Non ha pensato di scrivere al papa?
«No, mi sembrerebbe di speculare. Se ho sollevato il caso è per un problema civile, legato alla democrazia, al rispetto del diritto di parola che è ancora un vulnus pesante in questo paese. E poi secondo me c’è lo zampino di Franca: la censura ci ha dato una gran pubblicità, a Roma già mi hanno offerto un altro teatro. Sarà entrata nottetempo nel sogno di qualche vescovo e lui atterrito ha fatto l’autogol».
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