“Basta rifiuti tossici”, protesta la Terra dei fuochi

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NAPOLI — Sono almeno 70mila in piazza. Un serpentone lunghissimo che neanche la pioggia scrosciante fa arretrare. È lo zenit nella protesta di Terra dei Fuochi e Fiume in piena, i consorzi dei tanti comitati di cittadini nati per chiedere risposte agli sversamenti di rifiuti industriali e pericolosi. Cittadini di ogni ceto ed età. Che vengono dai paesi dell’hinterland e dalla periferia di Napoli. Spinti da un lutto che viene collegato ai veleni interrati, o da rabbia, da legittima paura e sete di risposte istituzionali. È il popolo della provincia abusata che sfila, fino a sera, con la Napoli antagonista.
Politici fuori, centri sociali dentro. I partiti e le bandiere sono banditi. La tensione esplode difatti quando qualcuno va verso le prime file con il gonfalone del Comune di Napoli: ma è immediatamente ricacciato indietro. I pochi amministratori, costretti a entrare in corteo quasi di soppiatto. E non fa eccezione il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che arriva in coda, resta pochi minuti «da semplice cittadino » e chiosa in una nota: «È stata una bellissima giornata».
In fondo, i comitati conquistano piazza del Plebiscito. Sono famiglie, padri, madri, operai e professionisti. Da quel microfono si alternano don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano leader della protesta, i rappresentanti di associazioni ambientaliste, anche la mamma di un bambino stroncato da un male incurabile. «Vogliamo ricordare i morti e assicurare un futuro ai bambini», dice don Maurizio. Anche se in Campania manca ancora il Registro dei tumori, anche se non è acquisito un nesso di causalità tra la densità di discariche abusive nei comuni a nord di Napoli e l’insorgenza di patologie tumorali.
E mentre Terra dei fuochi rischia l’effetto brand, ieri colpisce l’aggressività di un «servizio d’ordine » che arriva a scontrarsi con molti cronisti, perfino “valutando” domande e obiezioni. Intanto don Patriciello si concede con estrema pazienza a una telecamera dietro l’altra e arriva nei suoi giudizi a “salvare” l’ex criminale Carmine Schiavone («In fondo la camorra si pente, industriali e politici no») e a bocciare un magistrato come Raffaele Cantone, assai critico verso «le bugie» raccontate da quel casalese. Ma anime distinte vivono nella protesta. E c’è chi chiede che il boom di partecipazione serva «ad andare su soluzioni concrete». Che magari spinga i comitati oltre gli slogan, e le istituzioni oltre gli inutili tweet solidali. «Ora dobbiamo cominciare a fidarci delle istituzioni e costruire proposte», ragiona Renato Natale, l’ex sindaco del riscatto di Casal di Principe, il medico che fu amico di don Peppino Diana. «Non ci servono i miliardi di bonifiche che chissà tra quanti anni saranno completate, adesso servono mappature e controlli sui terreni, quelli possono pure cominciare domani».


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