Se domina la grande proprietà immobiliare
Poco tempo fa, per la prima volta, ha reso pubblico l’elenco degli affitti passivi che il comune di Roma paga alla grande proprietà edilizia per lo svolgimento delle sue funzioni, e cioè per gli uffici comunali, le scuole e altro. Va dato atto al sindaco di aver compiuto un gesto importante, ed è forse a questo che bisogna ricondurre la forte opposizione che incontra oggi Marino.
Il sindaco ha infatti messo a nudo il dominio incontrastato della grande proprietà immobiliare che sta portando Roma al collasso economico.
Scorrendo l’elenco si comprendono bene i motivi per i quali i predecessori non hanno inteso rendere pubblica la sconvolgente tabella: tutti i romani avrebbero potuto constatare che una parte rilevante dei loro soldi, per la precisione 52 milioni di euro, transita dalla casse comunali a quelle della proprietà edilizia. E avrebbero potuto anche verificare che questo enorme flusso di denaro pubblico non viene da qualche recente emergenza. Al contrario, perdura indisturbato da decine di anni. E ciò di fronte alla possibilità di avviare un oculato investimento poliennale per realizzare edifici di proprietà o anche in presenza di un vasto patrimonio pubblico inutilizzato che potrebbe con modesti investimenti essere riutilizzato per ospitare uffici pubblici e diminuire l’esposizione finanziaria.
Ma vediamo nel dettaglio la giostra infernale, fermandoci soltanto ai casi più eclatanti.
In testa alla classifica dei beneficiati per numero di immobili si trova l’Ente Eur, noto di recente per la distruzione del Velodromo olimpico e per le gesta dell’ex amministratore delegato Riccardo Mancini, fedelissimo di Alemanno, finito in carcere. Ebbene, l’ente prende dalle tasche dei romani 9,6 milioni di euro per ospitare uffici e una scuola. I contratti di affitto sono molto vecchi, datano per la maggior parte dal 2002 e 2003, gli anni d’oro del «modello Roma» inventato da astuti politicanti: sono dunque almeno dieci anni che ci sveniamo per rimpinguare i bilanci dell’Eur e gli abbiamo trasferito a occhio e croce 90 milioni di euro.
Scandaloso è in particolare l’ammontare di un ultimo contratto d’affitto acceso nel 2013. In tutta Roma e anche all’Eur i valori di affitto sono calati per la crisi immobiliare che attraversiamo. Molti conduttori hanno ricontrattato con i proprietari i valori di locazione strappando diminuzioni. Ebbene, a fronte di affitti a metro quadro anno di 211 e 214 euro stabiliti negli anni 2002 e 2003, nel 2013 il comune di Roma affitta altri 9 mila metri quadrati a un valore medio di 338 euro al metro quadro. Gli affitti calano dunque per tutti meno che per il comune di Roma e non essendoci più organi di controllo – sono gli effetti della nefasta legge del 1993 – si spera ormai soltanto nell’intervento della Corte dei Conti.
15 milioni e seicento mila euro, il primo posto in classifica, vanno a Milano ’90 del costruttore Scarpellini. Di questi, oltre 6 milioni vanno per l’esercizio della democrazia, e cioè per le sedi dei gruppi consiliari nell’edificio di via delle Vergini e altri 9 per l’edificio di largo Loria, lungo la Cristoforo Colombo, che ospita in 18.000 metri quadrati autoparco, ragioneria e altro. Il costo unitario di questo affitto stipulato nel 2008 arriva a circa 530 euro al metro quadrato e forse comprende anche l’erogazione di servizi, altrimenti sarebbe incomprensibile.
E veniamo ad altri tre beneficiati. Il primo è il più grande fondo immobiliare italiano, Idea Fimit, di proprietà De Agostini con la partecipazione dell’Inps (un’eredità dell’Inpdap) il cui fondo Alpha affitta sempre in zona Cristoforo Colombo 9.950 mq. per 2,5 milioni anno. Un’altra società immobiliare, Il tiglio, affitta per oltre un milione di euro anno uffici municipali di 3.200 mq. dall’altro lato della città, lungo la via Flaminia. Altre due società, Fresia srl e Valle Giulia srl affittano ben 20.550 mq di uffici a via Ostiense: lì paghiamo oltre 5 milioni per anno. Come si vede, una girandola di localizzazioni che ci costano per i collegamenti tra uffici un fiume di soldi di gestione: ma di questa voce non c’è ovviamente alcun riscontro, va tutto nel grande calderone del debito complessivo.
Con due esempi possiamo invece comprendere la possibilità immediata di voltare pagina e riportare tutte le attività all’interno del grande patrimonio pubblico esistente non utilizzato. Per il canone degli uffici del giudice di Pace di via Teulada, paghiamo circa 2 milioni e 400 euro anno. A duecento metri c’è il bellissimo deposito Atac di piazza Bainsizza abbandonato da anni per tentare una volgare speculazione. Perché non portare lì quegli uffici? Ancora. I depositi del teatro dell’Opera sono stati affittati nientemeno che nella borgata Finocchio a 15 chilometri dall’edificio di piazza Beniamino Gigli. Sparsi per Roma e molto più vicini, ci sono decine di capannoni di vecchie caserme abbandonate: perché non risparmiare soldi ed evitare speculazioni e vendita di quell’immenso patrimonio pubblico?
E infine una perla. La famiglia Pogson Doria Pamphili affitta per 228 mila euro anno i locali per la biblioteca comunale di piazza Grazioli. Siamo ovviamente a favore della diffusione della cultura, ma questo affitto va avanti dal 1988 e ci è pertanto costato almeno 5 milioni, una cifra notevole con cui si potevano costruire almeno cinque nuove biblioteche invece di alimentare la rendita parassitaria.
Un quadro desolante, dunque, a cui va aggiunto quanto si mormora sempre più spesso e cioè che il comune di Roma paghi per l’assistenza alloggiativa dei troppi cittadini che non hanno i mezzi per avere o affittare una casa, più di 40 milioni di euro anno ai soliti gruppi immobiliari formati ad esempio, dicono i bene informati, da Bonifaci, proprietario del Tempo o dalla famiglia Totti. A tal proposito speriamo che il sindaco Marino renda al più presto pubblico anche questo elenco per dovere di chiarezza. Comunque sono circa 100 i milioni che i cittadini romani trasferiscono alla rendita immobiliare.
La sessione di bilancio iniziata lunedì rischia di far concludere prematuramente l’esperienza di Ignazio Marino. Molti sono stati i suoi errori di supponenza e di prospettiva. Vogliamo soltanto ricordare l’ultimo in ordine di tempo: a fronte di una periferia che impiega mediamente due ore per raggiungere il centro, il sindaco ha proposto la realizzazione di tre nuove linee tramviarie che interessano sempre e soltanto il centro pregiato. Uno schiaffo alla periferia che non alimenta il consenso, mentre l’opposizione si avvale di protagonisti convinti come il gruppetto di Marchini e di grandi giornali come il Messaggero. E sta qui, forse, la motivazione più profonda dello scontro di questi giorni. Marino e il suo assessore Caudo stanno tentando con rigore di far prevalere l’idea che non è costruendo altri quartieri in periferia che si salva questa città che ha già troppi alloggi invenduti. Si salva solo se fa fino in fondo i conti con una rendita immobiliare predatrice che sta facendo fallire la città.
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