Sintonia col Vaticano su Siria e Medio Oriente «No a veti e condizioni»

by Sergio Segio | 26 Novembre 2013 9:46

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CITTÀ DEL VATICANO — Il dono è molto bello, va detto, un’icona che riproduce la Madonna Theotókos («Madre di Dio») di Vladimir, l’immagine più venerata in Russia, ma Putin vuole esserne sicuro e al momento dei saluti sfiora il braccio di Francesco, «le piace?». Ovvio che il Papa, sorridendo, dica sì. Meno ovvio vedere il presidente russo farsi solennemente il segno della croce alla maniera ortodossa — in alto, in basso, prima a destra e poi a sinistra — e chinarsi umilmente fino a baciare la Vergine, gesto che a quel punto compie anche Bergoglio. Di là da ogni considerazione sulla devozione personale, il gesto pubblico di Putin la dice lunga sull’immagine che il Cremlino ha voluto dare all’udienza con il Papa. Un’immagine di «sintonia» — a cominciare dalla Siria, dalle sofferenze dei cristiani nell’area e dall’«impegno per la pace», soprattutto in Medio Oriente — che la Santa Sede sostiene di buon grado, parlando di incontro «significativo» e di clima «cordiale e costruttivo», in vista del delicatissimo vertice previsto il 22 gennaio: «Ginevra 2», la conferenza di pace sulla Siria che nelle intenzioni dell’Onu dovrebbe riunire per la prima volta intorno allo stesso tavolo il governo di Damasco e gli oppositori. Per dire la preoccupazione, la Radio Vaticana riportava ieri il dato di «undicimila bambini e minorenni» morti dall’inizio del conflitto.
In questo Santa Sede e Russia sono d’accordo sull’essenziale: niente veti né condizioni alla trattativa di pace. Di certo Putin, alla fine del faccia a faccia di 35 minuti con Francesco (e due interpreti) aveva un’aria più serena di quando, il volto teso, si è presentato ieri pomeriggio nella biblioteca del Palazzo apostolico in ritardo di quasi un’ora. Per il presidente russo era la quarta visita in Vaticano, dopo le due udienze con Giovanni Paolo II nel 2000 e nel 2003 e l’incontro con Benedetto XVI del 2007. Ma forse questa era la più importante, il ritardo del volo da Mosca non ci voleva. Poco male.
Nei «cordiali colloqui» il presidente russo ha anzitutto ringraziato Francesco per la lettera che il Papa gli aveva inviato all’inizio di settembre, in quanto presidente di turno del G20 di San Pietroburgo, mentre gli Usa meditavano un intervento armato cui la Russia si opponeva: il «sentito appello» di Bergoglio perché i leader abbandonassero «ogni vana pretesa di una soluzione militare» e la richiesta di «una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti, con il sostegno concorde della comunità internazionale» per porre fine all’«inutile massacro», hanno avuto i loro effetti, e Mosca lo sa.
Il presidente russo ha portato a Francesco i «saluti personali» del patriarca ortodosso Kirill, ma le due parti si affrettano a precisare che «non c’è stato né era previsto un invito al Papa ad andare a Mosca» e che le questioni ecumeniche riguardano solo il rapporto tra le due Chiese: saranno loro a decidere se e quando il Papa e il Patriarca potranno vedersi, magari in «territorio neutro». Del resto c’è ancora grande prudenza, due settimane fa il metropolita Hilarion aveva incontrato Francesco a Roma e commentato: «Noi non siamo ancora pronti per dire quando e dove avverrà questo incontro, ma siamo pronti per prepararlo e lavorarvi».
Il comunicato ufficiale si riferisce anche all’incontro successivo di Putin con l’arcivescovo Pietro Parolin, nuovo segretario di Stato Vaticano, e parla di «cordiali colloqui» e del «compiacimento» per i «buoni rapporti bilaterali» tra Santa Sede e Russia, delle «questioni di interesse comune» come il «contributo fondamentale del cristianesimo nella società», la «situazione critica dei cristiani in alcune regioni del mondo» e la «difesa e la promozione dei valori riguardanti la dignità della persona e la tutela della vita umana e della famiglia». Ma sono stati soprattutto il Medio Oriente e la Siria, la «speciale attenzione al perseguimento della pace», al centro dei vertici. L’«urgenza di far cessare le violenze e di recare l’assistenza umanitaria necessaria alla popolazione». E la necessità di «favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto, che privilegi la via negoziale e coinvolga le varie componenti etniche e religiose», riconoscendone il «ruolo imprescindibile nella società».
Le vittime, i profughi, la sorte dei cristiani in Siria. Nei colloqui, almeno ufficialmente, non risulta si sia parlato anche del padre gesuita Paolo Dall’Oglio, del quale non si hanno più tracce da mesi. Ma è significativo che domani, nella chiesa di Santa Maria dell’Orto, la diocesi di Roma abbia organizzato una veglia di preghiera «per la pace in Siria» e la liberazione del religioso «e di tutti i rapiti».
Gian Guido Vecchi

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