Italia ultima in Ue per spesa sociale dedicata a minori, famiglia e povertà

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BRUXELLES – Eurostat, l’Istituto statistico dell’Unione europea, ha reso noti oggi gli ultimi dati contabili armonizzati a livello europeo sulla spesa pubblica per la protezione sociale nei 28 paesi Ue. I dati, aggiornati al 31 dicembre 2011, comprendono per la prima volta anche la Croazia, entrata a far parte dell’Ue il 1 luglio 2023, e prendono in conto 8 tipi di prestazioni sociali: malattia, invalidità, vecchiaia, pensioni per i superstiti, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale.

In media, i 28 paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali il 29,1% del loro PIL (-0,3% rispetto all’anno precedente). Questo dato era aumentato costantemente ogni anno, subendo un salto di 3,5 punti percentuali tra il 2007 e il 2009, certamente per l’impatto sociale della crisi economica e finanziaria, che da un lato ha fatto lievitare le spese, soprattutto per la disoccupazione, e dall’altro ha causato una contrazione del PIL. È tornato a scendere invece (-0,6%) nei due anni successivi, sotto l’effetto delle politiche di austerità.

Come sempre i dati sono molto eterogenei. Belgio, Danimarca, Francia e Paesi Bassi investono nelle politiche sociali oltre il 30% del loro PIL. Discorso a parte per la Grecia, dove la spesa sociale continua a crescere (26% nel 2008, 30% nel 2011), senza però corrispondenti miglioramenti in termini di qualità dei servizi o di adeguatezza delle prestazioni. Scendono invece sotto la soglia del 30% paesi che tradizionalmente investivano molto nella protezione sociale, come Germania (-1,2%), Austria (-0,9%) e Svezia (-0,8%). In Bulgaria, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia  la spesa sociale conta meno del 20% del PIL. L’Italia, con una spesa pari al 29,7% del proprio PIL, si situa appena al di sopra della media UE, vicino a paesi come Germania, Austria, Irlanda, Svezia e Finlandia. Ma i dati calcolati in rapporto al PIL possono trarre in inganno. Più aderente alla condizione di vita delle persone è il dato della spesa per abitante, calcolato a parità di potere d’acquisto: Belgio, Germania, Irlanda, Francia, Austria e Svezia, spendono in media 20-30% in più dell’Italia. Danimarca e Paesi Bassi 40% in più dell’Italia. Il Lussemburgo spende 1,8 volte quello che spende l’Italia, e circa 6 volte di più che Bulgaria, Romania e Lettonia. Le differenze tra i vari paesi tendono tuttavia a ridursi, più per effetto del contenimento della spesa nei paesi della vecchia Europa, che per la crescita della ricchezza dei paesi nuovi.

E vediamo ora come la spesa sociale si distribuisce nelle varie branche. Assieme alla Polonia, l’Italia è da sempre il paese che in proporzione spende di più per gli anziani. Il 61% della sua spesa sociale è consacrato infatti alle pensioni di vecchiaia e di reversibilità (+1% rispetto all’anno precedente). Questo dato – di cui si discute incessantemente da anni – si spiega in gran parte con lo storico primato italiano della più alta percentuale di anziani a livello europeo, oltre i 2/3 dei quali sono donne, ossia le principali beneficiarie delle prestazioni per i superstiti. Altro elemento da considerare è che le prestazioni del trattamento di fine rapporto (Tfr) vengono calcolate, soltanto nel nostro paese, come spesa pensionistica. Infine, i dati raccolti da Eurostat sulla spesa sociale sono calcolati sempre al lordo dell’imposizione fiscale e non tengono quindi conto delle risorse che in alcuni paesi come l’Italia, dove le pensioni di vecchiaia sono tassate, rientrano nelle casse dello stato sotto forma di imposte.

Tuttavia, anche tenendo conto di tutti questi argomenti, è proprio l’articolazione della spesa sociale italiana ad essere effettivamente sbilanciata. Nel nostro paese, infatti, e nonostante le polemiche spesso sollevate a proposito degli “sprechi”, tutte le altre spese sociali, sanità, invalidità, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale, sono cronicamente assai più basse rispetto alla media dei paesi europei: tra i 28 paesi dell’Ue, l’Italia è al 23° posto (insieme all’Estonia) per le spese a sostegno della disoccupazione (indennità di disoccupazione), al 26° per quelle riguardanti malattia e invalidità (peggio di noi soltanto Cipro e Lettonia), ed è ultima d’Europa (28° posto) per le spese in favore della famiglia, dell’infanzia, per l’edilizia sociale e per la lotta all’esclusione. Paradossalmente, l’ingresso della Croazia nelle comparazioni statistiche dell’Eurostat ha avuto come effetto quello di degradare l’Italia di un ulteriore scalino, poiché globalmente anche i dati della Croazia sono proporzionalmente migliori dei nostri.

Per fare un confronto, il paese ufficialmente con il più alto tasso di disoccupazione, la Spagna, è anche quello che proporzionalmente spende di più per la disoccupazione (5 volte più dell’Italia). La Francia, che ha un tasso di disoccupazione inferiore all’Italia di 1,5 punti, spende in proporzione 2,3 volte di più dell’Italia. La Germania (il famoso modello tedesco…), spende in proporzione quasi il doppio dell’Italia e il suo tasso di disoccupazione è meno della metà del nostro… (Carlo Caldarini)

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