Letta costringe il Pd a sostenere Cancellieri «La sfiducia sarebbe contro il governo»

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ROMA — Alla Camera si vota alle 13, per appello nominale, sulla mozione di sfiducia individuale presentata dal M5S contro Annamaria Cancellieri, il ministro della Giustizia, finita al centro di un virulento scontro politico a causa delle sue telefonate con i familiari di Salvatore Ligresti (l’imprenditore arrestato a luglio insieme alle figlie per il falso nel bilancio della compagnia Fonsai). Il Guardasigilli — che non è indagata anche se ieri il procuratore di Roma Pignatone, ricevuti gli atti da Torino, ha aperto per competenza un fascicolo senza ipotesi di reato — prenderà la parola al termine di un dibattito presumibilmente molto acceso ma, alla fine, dovrebbe poter contare su quasi tutti i voti della maggioranza delle «larghe intese», al netto però di qualche forte maldipancia all’interno del Pd.
Ieri sera, all’assemblea di gruppo del Pd, il presidente del Consiglio Enrico Letta non ha concesso alternative ai suoi compagni di partito: la mozione di sfiducia contro il ministro Cancellieri «è frutto di una campagna aggressiva molto forte e slegata dal merito. Vi chiedo di considerarla per quello che è: un attacco politico al governo. E la risposta deve esser un atto politico. Un rifiuto».
L’operazione fiducia incondizionata al ministro Cancellieri — preparata e sostenuta dal presidente del Consiglio, in continuo contatto con il Quirinale — non è stata indolore per i democratici visto che Matteo Renzi aveva detto a Enrico Letta che se voleva dettare la linea doveva partecipare all’assemblea pd («e metterci la faccia, ma io non lo farei») prima di accettare di adeguarsi alle decisioni del gruppo: «Il ministro dovrebbe dimettersi… Ma non faremo sgambetti, ci adegueremo», aveva detto il sindaco di Firenze quando ancora non si era capito che il capo del governo (per altro impegnato ieri con la macchina dei soccorsi per l’alluvione in Sardegna) avrebbe partecipato alla assemblea del gruppo. In quelle ore il fuoco di sbarramento dei renziani è stato molto violento: «Se cambia il ministro della Giustizia il governo Letta è più forte», ha teorizzato a metà pomeriggio il segretario in pectore del Pd nella sua «enews». A quel punto, da Palazzo Chigi è iniziata a filtrare la nuova agenda pomeridiana di Letta nella quale di punto in bianco, dopo una visita lampo ad Olbia, era stata inserita la partecipazione del premier all’assemblea del gruppo del Pd. A quel punto, pure tra mille distinguo, c’è stato il segnale che nel Pd tutti aspettavano, da Renzi, a Cuperlo, ad Epifani: «Sì alla fiducia, se la chiede Letta». E così a Pippo Civati (Pd) — che ha provato in tutti i modi a raccogliere le 63 firme necessarie per presentare una mozione di sfiducia del Pd contro la Cancellieri — non è rimasto che dichiarare che così «a perdere è stato il Partito democratico».
Musica per le orecchie dei grillini. Beppe Grillo, sul suo blog, ha scritto che «Letta, Civati e Renzi sono tre cuculi… Che hanno cambiato idea, per meri fini elettorali, sul passo indietro del ministro Cancellieri». Per il M5S, invece, «un ministro della Giustizia che si sia lasciato condizionare nel suo operato dai suoi rapporti con la famiglia Ligresti» porta con sé «un’ombra indelebile». Violenta l’espressione di Renato Brunetta (Forza Italia) sul ministro Cancellieri: «Per Renzi donna cannone da tirare su Letta….», è infatti il titolo apparso sul mattinale del partito poi diffuso su Twitter da Brunetta. Invece Sandro Bondi (Forza Italia) ha puntato le sue critiche sul Colle: «La nota del Quirinale dell’altra sera, alla vigilia di un dibattito parlamentare e in perfetta sintonia con le dichiarazioni dei magistrati sul caso del ministro Cancellieri, è l’espressione più inusuale di un sistema che si regge da tempo su un ruolo di garanzia e di supplenza politica del presidente della Repubblica».
Dino Martirano


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