I conti Inps «non sono tranquilli» Il governo assicura: tutto a posto

by Sergio Segio | 15 Novembre 2013 14:30

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«L’allarme di Mastrapasqua presta il fianco a tutti coloro che hanno voglia di smantellare il sistema previdenziale pubblico, questa è la verità». Si accalora, Carla Cantone, segretaria nazionale dello Spi-Cgil quando gli si chiede un commento sulle parole del numero uno dell’Inps, che si è detto «non del tutto tranquillo», sui conti del sistema previdenziale italiano.
Segretario Cantone, in serata Mastrapasqua si è corretto. Ma il sasso nello stagno l’ha comunque gettato…
«Ogni volta che si parla di legge di Stabilità o Finanziaria, in un momento come questo dove tutti danno addosso alle pensioni, uscire in quel modo non mi convince. Il problema vero dell’Inps è che deve chiedere allo Stato di versare i contributi, perché al momento la sua contribuzione è virtuale».
Parla dell’accorpamento con l’Inpdap?
«L’Inps non aveva problemi, mentre l’Inpdap sì. Ma quei problemi si risolvono chiedendo allo Stato di smetterla di evadere. Invece di fare denunce che creano scompiglio, Mastrapasqua elenchi chiaramente le questioni da risolvere e faccia delle proposte».
In passato, però, sulle pensioni forse alcuni errori sono stati fatti…
«C’è un interesse morboso sulle pensioni. Ciclicamente c’è chi sostiene che i pensionati siano dei privilegiati. È successo anche col governo Monti, ed è stata fatta la disastrosa riforma Fornero, che ha peggiorato la situazione. Va molto di moda contrapporre il sistema retributivo a quello contributivo, che ormai ha preso piede, parlando del primo come di una modalità che ha creato dei privilegiati».
E non è così?
«La maggior parte dei cittadini che sono andati in pensione con il sistema retributivo hanno pagato i contributi per 35, 40 o 42 anni di lavoro. Occorre distinguere fra i diritti guadagnati e le pensioni regalate, altrimenti l’obiettivo non è più combattere i privilegi, ma accanirsi sulle pensioni da lavoro. Altre cose sono il cumulo delle pensioni e gli assegni d’oro».
Lì si potrebbe tagliare, però…
«Certo, ma non si può fare di tutta un’erba un fascio. Si abbia il coraggio di vedere quali sono le pensioni veramente d’oro, che non sono quelle da 2.000 euro e neanche da 3.000 mensili. Si colpiscano gli assegni oltre i 90mila euro annuali, ma si taglino anche i redditi: i sacrifici vanno chiesti a tutti».
Molti giovani non avranno mai una pensione: non c’è il rischio di alimentare uno scontro generazionale?
«Dire che gli anziani rubano il futuro ai loro nipoti è una vergognosa accusa. Il problema dei giovani non è la pensione tra 40 anni, ma il lavoro oggi, che deve essere non precario e non sfruttato. Se non si lavora, non si versano i contributi: è una questione che riguarda i pensionati in essere e quelli futuri, altro che scontro…».

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