Nell’Italia dell’evasione lavoratori dipendenti più ricchi degli imprenditori
ROMA — Sono 79.123 i membri del “club” dei 200 mila euro in Italia. Si tratta dello 0,19 per cento degli oltre 41 milioni di contribuenti che dichiarano un reddito ai fini del pagamento dell’Irpef. Anche in tempi di crisi in cui i pochi fortunati che hanno grossi guadagni evitano di ostentare i simboli della ricchezza, sembra veramente strano che siano così pochi. Se si rivolge poi lo sguard’impresa”
do al vertice della piramide, i dati dei redditi del 2012 – pubblicati ieri dal Dipartimento delle Finanze – sono ancora più sconcertanti: sopra i 300 mila euro lordi annui ci sono solo 31.752 italiani. Basterebbe solo contare bolidi, yacht e case nelle località di lusso per verificare che le cifre non collimano e che in molti non dicono la verità al fisco.
Dentro al superclub, ancora più esclusivo, che supera i 300 mila euro ci sono anche 8.081 pensionati e circa 19 mila lavoratori dipendenti. Entrambe le categorie, costrette a dichiarare praticamente tutto quello che guadagnano, in qualche modo potrebbero pagare un piccolo pegno: i pensionati d’oro il contributo di solidarietà del 15 per cento previsto dalla legge di Stabilità; mentre i lavoratori dipendenti, se sono manager di Stato, dovranno contenere i propri guadagni entro la soglia del presidente della Corte di Cassazione (ovvero 302 mila euro lordi). Ma se si escludono queste due microcategorie, il resto è il Far West dell’evasione: solo 1.779 “temerari” imprenditori si avventurano a dichiarare più di 300 mila euro.
Nell’Italia delle sorprese e delle iniquità, i dati diffusi dal fisco ci consegnano il paradosso in base al quale i dipendenti guadagnano in media più del proprio datore di lavoro. Per la precisione nel 2012 il reddito medio di un lavoratore dipendente è stato di 20.680 euro, mentre quello del “suo” virtuale datore di lavoro è stato un po’ più basso: pari a 20.469 euro. Un differenza di 211 euro di reddito medio che non sta né in cielo né in terra e che può essere giustificata solo dalla presenza di una imponente evasione fiscale ormai fuori controllo.
Del resto se si guarda ai guadagni che stanno all’interno della categoria “redditi da attività ci si accorge che il film che si proietta è assolutamente irreale: ristoratori e albergatori stanno a quota 14.940 euro di reddito, abbondantemente sotto la media, i commercianti poco sopra la media a quota 21.730 euro, i titolari di attività manifatturiere a 21.990, i titolari di imprese di costruzione a 22.570 euro. Per andare verso l’alto della classifica dei redditi dichiarati ai fini Irpef, bisogna raggiungere gli oltre 54 mila eul’Economia ro dei professionisti, il mondo dei medici a quota 69 mila e il circolo ristretto di atleti e artisti che dichiarano intorno ai 58 mila euro.
La Cgia di Mestre non crede tuttavia ai dati del ministro Saccomanni: secondo l’associazione guidata da Giuseppe Bortolussi, la media dei redditi dei lavoratori dipendenti è «condizionata» dagli stipendi di manager pubblici e privati, magistrati e professori universitari. Di conseguenza bisognerebbe confrontare il reddito di un imprenditore con quello di un suo dipendente: in questo caso, secondo la Cgia, nelle piccole e medie aziende artigiane il reddito degli imprenditori sarebbe superiore di quello del proprio dipendente del 30-40 per cento. Un ragionamento, quello della Cgia di Mestre, che tuttavia non varrebbe per banche e grandi imprese dove la Cisl ha calcolato che le remunerazioni dei top manager superano di decine di volte quelle di un semplice impiegato.
Del resto, che esistano sperequazioni e ineguaglianze nella distribuzione del reddito emerge, ad occhio, anche da una veloce
analisi delle distribuzioni delle classi di reddito: circa l’80 per cento degli italiani dichiara guadagni lordi sotto i 35 mila euro. Pesa l’evasione, ma anche la crisi economica.
La fotografia che ci consegna il Fisco ci dice inoltre che gli italiani sono un popolo di lavoratori dipendenti e pensionati: 34 milioni di contribuenti italiani, l’83 per cento del totale, vivono con questi redditi-base: il 49 per cento dei contribuenti (20,1 milioni) è un lavoratore dipendente ed il 34 per cento (14 milioni), ossia più di un contribuente su tre, ottiene il suo reddito prevalente da pensione. Solo il 5 per cento (2,1 milioni) dei contribuenti dichiara in prevalenza un reddito derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo abituale. Mentre 2 milioni di italiani vivono con la sola rendita, magari di un appartamento
in affitto.
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