Tutti assolti gli imputati per il più grande disastro ambientale spagnolo

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Un tribunale spagnolo ha assolto dai reati ambientali i tre imputati coinvolti nel naufragio della petroliera Prestige, che nel 2002 causò il più grande disastro ambientale nella storia della Spagna: il comandante della petroliera, Apostolos Mangouras, di nazionalità greca, era accusato di attentato contro l’ambiente, danni e disobbedienza, reati per i quali la pubblica accusa aveva chiesto una condanna a 12 anni di reclusione. Mangouras è stato condannato a nove mesi solo per il reato di disobbedienza (per essersi rifiutato di acconsentire al traino della nave dopo aver lanciato un messaggio di allarme alla squadre di soccorso spagnole), ma vista l’età non finirà in carcere.

Gli stessi reati erano contestati al capo macchinista, Nikolaos Argyropoulos che è stato pienamente assolto così come il responsabile della Marina mercantile spagnola dell’epoca, José Luis Lopez-Sors, accusato di imprudenza grave per la rotta seguita dalla petroliera durante i sei giorni prima del naufragio. Il giudice ha spiegato che la decisione di portare lontana dalla costa la petroliera è stata «consapevole e meditata» e che «Nessuno può dire esattamente quali siano le cause che hanno fatto affondare la nave». Il quarto imputato del processo, l’ufficiale in seconda della petroliera, Ireneo Maloto, è tuttora latitante.

La petroliera monoscafo Prestige era stata costruita in Giappone nel 1976, batteva bandiera delle Bahamas, era di proprietà di una società liberiana, la Mare shipping, aveva come armatore una società greca Universe Maritime e un’assicurazione britannica. Il 13 novembre del 2002 la Prestige era stata gravemente danneggiata durante la navigazione nel nord-ovest della Spagna. La nave proveniva dall’Estonia ed era diretta a Singapore con a bordo oltre 60 mila tonnellate di combustibile. Temendo l’affondamento il comandante della nave chiese aiuto alle squadre di soccorso spagnole, ma gli venne ordinato di allontanarsi.

Dopo giorni di negoziazioni, alle otto del mattino del 19 novembre, a 250 chilometri dalle coste della Galizia, la nave si spezzò in due e affondò (l’equipaggio aveva abbandonato la petroliera già dal 13 novembre). Le circa 77 mila tonnellate di combustibile trasportate dalla nave si riversarono in mare, anche nei mesi successivi all’affondamento, inquinando oltre 1.700 chilometri di costa in Francia, Spagna e Portogallo, 1177 spiagge e compromettendo gravemente l’industria della pesca.

(Un’infografica del quotidiano spagnolo El País sui giorni del naufragio)

Subito dopo il disastro circa 300 mila volontari provenienti da tutta Europa parteciparono alla pulizia delle spiagge e delle scogliere sommerse della Galizia. Fu molto criticata, invece, la gestione politica del governo di José María Aznar, che aveva a lungo minimizzato l’incidente e le sue conseguenze. Alcuni ricercatori avevano calcolato che la vita marina avrebbe subito danni per almeno 10 anni e che tutta la catena alimentare ne avrebbe risentito.

Il verdetto sul naufragio della petroliera Prestige è arrivato dopo undici anni dal disastro, dopo otto mesi di udienze e dopo che il tribunale di La Coruña, nella regione nord-occidentale della Galizia, ha ascoltato le deposizioni di oltre 200 esperti e testimoni. Poiché circa 1500 persone si sono costituite parte civile, è stato necessario allestire una grande aula giudiziaria di 450 metri quadri. Durante il processo il comandante e l’armatore della Prestige hanno accusato il governo spagnolo di aver provocato la catastrofe ordinando alla petroliera in difficoltà di allontanarsi dalla costa. Uno degli imputati, Lopez-Sors, responsabile a quel tempo della Marina mercantile spagnola, si è difeso sottolineando come fosse stato giudicato meno rischioso lasciare che la nave affondasse al largo per minimizzare i danni ambientali.

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