Identità, Il mio nome è Rom

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L’IRRUZIONE DI UNA LINGUA NEL NOSTRO ORIZZONTE È SEMPRE ANNUNCIATRICE DI UNA TEMPERIE E DI UNA STAGIONE DI EVENTI GIÀ ISCRITTI NEL PENSIERO ESPRESSO DA QUELLA LINGUA.Il linguaggio del potere, anche del più democratico è de facto il programma dei provvedimenti che quel regime prenderà nei confronti della vita dei cittadini. Lo è di più del programma stesso che spesso è enunciato per scopi elettoralistici o demagogici. La madre del sindacalista Turiddu Carnevali, sindacalista assassinato dalla mafia, richiesta di dire qualche parola sul figlio rispose: «li paroli sunnu petri», le parole sono pietre. Oggi in Italia verifichiamo tutto il peso di questa verità, in particolare, a proposito dei rom e dei sinti. Definiamo queste genti «zingari» con un brutto eteronimo gravido di disprezzo e di aggressività che non appartiene alla loro lingua ma alla nostra e nella fattispecie al suo humus più volgare fertilizzato dall’intolleranza e persino dall’odio. Per questa e per molteplici altre ragioni, la prima cosa che abbiamo il compito di fare è quello di bonificare la nostra lingua a proposito dei rom, dei sinti, ma contestualmente al riguardo di tutte le minoranze, anche quelle non connotate per l’alterità cosidetta etnica, come gli omossessuali e le donne, la più grande minoranza perseguitata di tutti i tempi. Il nostro governo se volesse lasciare traccia di sé potrebbe cominciare ad inserire nel programma della scuola dell’obbligo un libro sulla storia delle genti rom e della loro cultura come quello, straordinario, di Santino Spinelli, rom abruzzese e professore di cultura romanì all’università di Teramo. Suggerirei anche agli adulti in età extrascolastica di leggerlo e di meditarlo. Di fronte a quelle parole si rimane sconvolti e ammirati incontrando l’epopea di uomini e donne liberi che non hanno mai fatto né concepito guerra contro popoli.
Ora, io sono un ebreo con una memoria radicatissima e, per me ogni parola, atto, o allusione che esprime violenza contro i rom è come se mi fosse rivolta direttamente contro, come dire, ho ragioni personali, ma fortunatamente in generale sta crescendo nel nostro paese una consapevolezza della grande infamia rappresentata dalla ziganofobia e vengono prese iniziative per contrastarla.
Oggi, a Roma, su iniziativa dell’Associazione della Stampa Romana, si terrà una giornata di informazione e riflessione sull’uso del linguaggio giornalistico nel parlare di rom e sinti. L’intento è quello di sollecitarne il cambiamento per espungerne le figure del pregiudizio e della diffidenza. L’incontro, che avrà sede Fnsi alle 11.30, si colloca nel quadro dell’iniziativa europea «Romaidentity Il mio nome è rom» promossa dall’ong Ricerca e Cooperazione insieme ad Associazione Stampa Romana, Ass. Rom Sinti@Politica, Università la Sapienza e altre organizzazioni di Italia, Spagna, Romania. Alla sera alle ore 21 la giornata si concluderà al Teatro Vittoria con il recital teatral-musicale Oltre i confini ad ingresso libero. Per ulteriori informazioni consultare il sito www.romaidentity.org.

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IL PROGRAMMA
Dei 12 milioni di Rom che vivono in Europa, 150.000 sono in Italia. Di questi, 40.000 vivono nei campi mentre coloro che praticano il nomadismo sono solo il 3 per cento. Offrire una reale fotografia del popolo Rom senza i pregiudizi che hanno dato vita ai falsi allarmi dei «bambini rapiti», è l’obiettivo della campagna internazionale «Romaidentity – Il mio nome è Rom». La campagna sarà lanciata oggi con la conferenza «Conflitti, mass media e diritti» (ore 11.30) e con lo spettacolo a ingresso libero «Senza Confini Ebrei e Zingari» di Moni Ovadia (ore 20.30). Alla conferenza interverranno esperti nazionali e internazionali tra i quali Sabrina Tosi Cambini autrice del libro «La zingara rapitrice»; Moni Ovadia, scrittore, musicista e drammaturgo; Pietro Vulpiani, Unar – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni.


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