by Sergio Segio | 11 Novembre 2013 6:15
MALTA — Ai gazebo delle primarie ci sarà anche il premier. Il nome del «suo» segretario Enrico Letta non lo rivela, ma tra i parlamentari a lui vicini si scherza sul fatto che difficilmente possa trattarsi di Renzi: «Matteo non ha certo bisogno del voto di Enrico…». La presa di distanza dal favorito sarà ancora più evidente mercoledì, quando Letta parlerà alla presentazione del libro Giorni bugiardi , di Stefano Di Traglia e Chiara Geloni. Un modo per dire, anche simbolicamente, che lui non rinnega l’amicizia con Bersani, grande elettore di Cuperlo.
Il capo del governo comincia a temere che l’8 dicembre, quando Renzi diventerà segretario del Pd, il suo partito possa venire contagiato dalla frenesia di tirar giù l’esecutivo. Un pericolo che il premier esorcizza affermando che il prossimo leader, chiunque egli sia, «sarà fedele al governo». Fino ad ora il patto per le riforme ha retto, ma alcune mosse del sindaco — come le critiche a posteriori sul caso Cancellieri — hanno messo in allarme Palazzo Chigi. Ecco perché Letta rimarca come il governo abbia bisogno di un anno ancora per far maturare i frutti: «Chiedo di essere giudicato alla fine di questo percorso», cioè alla fine del 2014. Lo dice con la metafora a effetto del pilota che deve portare in salvo i passeggeri, studiata per il pubblico di Domenica In: «Stiamo facendo la trasvolata dell’Atlantico e già si vedono i grattacieli di Manhattan…». Ma l’atterraggio è previsto per la fine del prossimo anno «con le tasse che scendono, la crescita che c’è e i primi segnali della lotta alla disoccupazione». Tredici mesi ancora, per convincere gli italiani che lui è uno «che quando prende degli impegni poi li mantiene».
Se tutto andrà come nei suoi piani, nella primavera del 2015 Letta avrà la forza per ricandidarsi a Palazzo Chigi con molte frecce al suo arco: aver agganciato la ripresa, realizzato le riforme e portato a termine, con successo, il semestre italiano di presidenza dell’Europa. D’altronde lo ha detto anche Epifani che non c’è solo Renzi, che può candidarsi anche chi non vince le primarie e che il percorso di Letta verso Palazzo Chigi è «fisiologico». Un’aspirazione che Gianni Cuperlo ritiene «legittima», ma della quale il diretto interessato non ha una gran voglia di parlare in pubblico. Intervistato da Massimo Giletti su Rai1 — prima di partire per Malta, dove oggi incontra il premier Joseph Muscat — Letta ha rimandato lo scontro con Renzi: «È talmente lontano che non ci penso a queste cose. Il mio compito è esclusivamente finalizzato a raggiungere gli obiettivi». Mantenere le promesse è la sua ossessione, un asso nella manica che Renzi (al momento) può giocarsi solo su scala ridotta, da sindaco di Firenze.
Le primarie si avvicinano e Letta non sembra più intenzionato a stare del tutto fuori dal congresso. Rispetta e comprende la scelta di Romano Prodi di non votare, perché l’ex premier «è una personalità fuori dalla politica». Ma lui l’8 dicembre ci sarà.
La tensione resta alta, lo scontro sul Pse non si placa. «Renzi deve chiarire — incalza Beppe Fioroni —. Quella parte della base che non si riconosce negli ex ds è in rivolta». Per Epifani è una «polemica in un bicchier d’acqua», i cattolici democratici invece sono furiosi: e raccontano che anche Letta non avrebbe gradito l’uscita del segretario, quando a Sky Tg24 ha rivelato di aver informato Letta dell’impegno del Pd per tenere a Roma il congresso del Pse.
Ormai è rissa continua. Cuperlo rimarca che l’8 dicembre non si vota per l’aspirante premier: «Chi si candiderà alle primarie di coalizione non lo so, ma io non sarò tra quei candidati, io corro per la segreteria». Epifani invece sembra ammorbidire il suo «niet» al doppio incarico: «Deciderà Renzi, ma fare il segretario è un compito molto impegnativo…».
Monica Guerzoni
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